E’ passato quasi un anno dall’ultima volta che ci siamo avventurati nei nuovi rami trovati dagli ungheresi in Gortani, oltre la frana “Widow maker”, la crea vedove, che per quasi 10 anni ha bloccato le esplorazioni in questa parte di cavità.
In uscita dalla punta esplorativa, sullo sfondo sua maestà il Bila Pec
Condotte in faglia dopo la “Widow Maker”
La volta passata, su suggerimenti degli amici ungheresi, eravamo andati a eseguire una risalita sopra il P100, dove la grotta sprofonda di nuovo verso gli attivi, e si perde la quota delle grandi gallerie percorse per arrivare fin questo punto. Obbiettivo ovviamente è ritrovare i vecchi freatici, per poterci spostare ancora verso est, sognando collegamenti con gli abissi del Pala Celar. La risalita purtroppo non ci aveva portato a scovare interessanti prosecuzioni, se non infimi meandrini in testa al pozzo, apparentemente senz’aria. Ma allora tutta l’aria che percorre i rami che portano a questo pozzone da dove arriva? Sconsolati torniamo alla partenza del P100 e ci caliamo sulle corde del pozzo, già disceso dagli ungheresi le esplorazioni passate. Dopo una sessantina di metri individuiamo una promettente finestra dall’altro lato, in direzione esattamente contraria a dove si sviluppano i rami attivi che dipartono dal fondo del pozzacchione. Torniamo alla partenza e prepariamo il materiale, abbiamo 100 metri di corda, traversiamo in alto e ci caliamo pendolando fino ad intercettare il finestrone, 10×5 di diametro, la polvere dei fori dei fix va via orizzontale, buon segno. Entrati nei nuovi ambienti, continuiamo a scendere, pendolando in direzione est, fino a toccare un pavimento solido. La corda arriva giusta fino a qui, non ne abbiamo più, proseguiamo lasciando trapano e attacchi e percorriamo questi grandi ambienti impostati su una imponente frattura, fin dove sarà possibile proseguire? Percorsi una cinquantina di metri, ci affacciamo su un bel pozzone. Giù una pietra! Contiamo……, saranno 50? 60 metri? forse qualcosa di più. Illuminiamo l’ambiente con le luci di profondità, alla ricerca di qualche finestra. Proprio in testa al pozzo, 50 metri più in alto e dalla parte opposta, la forma del soffitto sembra indicarci la presenza di scallops, ci sarà una galleria? Sarà la continuazione delle grandi gallerie da cui siamo arrivati? Certo, la parete da scalare si presenta ostica, quasi tutta da artificiale, un bel lavoretto in sospeso. Intanto ci rifocilliamo e ci avviamo all’uscita, contenti di queste nuove scoperte, sono cmq 5/6 ore di progressione per arrivare fin qua, e qualcosa di più per uscirne stanchi. Alla punta hanno partecipato Stefano “Giusto” Guarniero (Grotta Continua), Edoardo Gobet (GSSG) e il sottoscritto.
Monkey bridge
Tra le varie esplorazioni del sistema di Clemente passa tutta l’estate senza vederci tornare al Gortani. Con dicembre, complice la neve che impedisce l’accesso agli ingressi del Grande Poiz, si opta per una punta veloce, per cercare di spingerci ancora ad est, sognando collegamenti futuri non più così tanto improbabili….
Depositi stratificati di sabbia fossile
Le grandi gallerie fossili
Siamo nuovamente in 3, Alessandro Benazzato (Club Speleologico Proteo Vicenza), Alessandro “Sandrin” Mosetti(GTS) ed io. Obbiettivo di questa punta: risalire! Perché i pozzi non si scendono, si arrampicano! (…e speremo de no ciapar de mone se no trovemo un klinz…..). Saliamo il sabato mattina, tappa al Gilbo per un caffè e per salutare Irene e Fabio, gestori del rifugio, e poi via verso il Bila Pec, dove con una risalita in parete si accede all’abisso Rolo, uno degli ingressi del sistema del Col delle Erbe-Gortani (circa 45km sviluppo). Una serie di verticali, intervallate da corti meandrini, ci porta velocemente a 400m di profondità. Da qui fino alle zone esplorative sarà tutto un salire e scendere tra frane, ambienti di crollo, grandi fratture e grandi gallerie. Perdiamo tempo a fare qualche filmato e qualche foto (siamo passati da non documentare niente ad essere in 3 con 3 fotocamere!!!), ciononostante, in circa 6 ore siamo in zona esplorativa. Ci turneremo nell’artificiale, comincia Sandrin, io faccio sicura, Benaz documenta con qualche foto/video.
Sandrin in azione sul primo diedro
I primi 15m sono semi-arrampicabili e procedendo dentro un canale/diedro, con solo qualche fix per proteggersi e 2 passi sulle staffe, Sandro arriva ad un terrazzo su pietroni incastrati dove prepara una comoda sosta e sistema la corda di progressione. Io salgo e riparto ad arrampicare. Da qui la parete da ben poche speranze di lasciarsi scalare ma in compenso, essendo leggermente appoggiata, ben si presta ad una comoda artificiale. Salendo fino all’ultimo scalino della staffa e complice la mia statura procediamo di 3m in 3m. Qualche passaggio si risolve, anche se poco elegantemente, con qualche metro di scomoda arrampicata in libera guadagnando ulteriori facili metri. La corda sale ormai a fatica, tanti sono gli attriti, sopra di me una nicchia invita ad allestirvi una scomoda sosta. Attrezzo la progressione scendendo, odor di tortellini in brodo ci chiama fin sulla base per una meritata sosta rifocillatrice. Siam coscienti che la corda da 76m che abbiamo portato non sarà sufficiente, ma saliamo comunque. Benaz riparte e arriva a 7/8 metri sotto l’imbocco della finestra, che fregatura, per poco! In questo punto si percepisce movimento d’aria, anche se non si riesce ancora capirne intensità e direzione, ma ci fa ben sperare per la prossima volta. Con il distox prendiamo la direzione, 105/110°, est, perfetto!!! (…e per le prossime settimane, fintanto che non torneremo a finir la risalita, potremmo masturbarci il cervello sognando futuri collegamenti: Zeppelin? Pala Celar? Slovenia?…., sperando sempre che non chiuda dopo pochi metri…).
Tortellini in brodo, gnam gnam……
Attrezzata la linea di progressione ci caliamo fino alla base, 50 metri sono stati arrampicati, forse di più. Il pozzo sotto la risalita si rivela, inoltre, esser più profondo di quanto valutato, le pietre la volta passata si fermavano presumibilmente su di un terrazzo ma buttandone giù alcune dalla parte opposta battono almeno 80, se non più…. Ci attende ora una lunga marcia verso l’uscita. Alle 10 di domenica mattina siamo tutti fuori, 22 ore di punta. Cambiati alla caverna d’ingresso re-infiliamo gli imbraghi e ci caliamo in parete. La nebbia che ci ha accolto all’uscita si dirada, e lascia spazio al bianco candore del magico paesaggio caninico, rovinato solamente dal fastidioso brusio degli impianti sciistici. Risaliamo verso il rifugio Gilberti per premiarci con una meritata birra, preambolo di un abituale sofferente ritorno a casa, prima di poter finalmente svenire sul divano.
La caverna d’ingresso, in parete sul Bila Pec
Hanno partecipato alla punta Alessandro Benazzato, Alessandro “Sandrin” Mosetti ed il sottoscritto.
Taucer “Seba” Sebastiano (GSSG)
circa 5 anni fa
Bel racconto e ben scritto. Ma poi come è andata a finire? In questo ultimo anno siete ritornati?
circa 4 anni fa
Le esplorazioni continuano, scriverò qualcosa appena ne avrò ispirazione. Comunque siamo saliti 100m circa, trovato alcuni livelli fossili con gallerie che però non vanno nella direzione sperata ma cmq son da esplorare ancora…
Traversando seguendo la frattura abbiamo inseguito l’aria arrampicando su un traverso aereo, purtroppo una frana a sofitto ci sbarra la strada, troppo pericolosa da toccare abbiamo ripiegato su altri lavori in zona…..cmq 600/700m di rilievo nuovo e ancora punti di domanda….Gortani infinito…..