Monti Musi – Parte prima

L'esplorazione del Monte Musi

Nel 1990 il GSSG iniziò le prime esplorazioni sul massiccio calcareo del Monte Musi nelle Prealpi Giulie Occidentali. Nonostante la zona sia contraddistinta da un grosso potenziale speleologico per la presenza di facies molto carsificabili, quali il Calcare del Dachstein che caratterizza alcune delle aree a maggior densità di grotte della nostra regione, il Monte Musi durante il secolo scorso fu poco esplorato e studiato, se si eccettuano  alcune sporadiche iniziative ad opera di speleologi friulani e triestini, che accatastarono alcune cavità, fra cui l'importante Grotta dell'Uragano. Le esplorazioni avvennero però in modo episodico per cui non venne definito il contesto geomorfologico e idrogeologico del massiccio carsico.
Il GSSG organizzò una serie di campi estivi e, mediante sistematiche campagne esplorative raccolse una enorme quantità di dati fornendo le basi necessarie per lo studio di questo carsismo di alta montagna.
Durante le esplorazioni sono state rilevate ed accatastate tutte le cavità scoperte. I rilievi geologici e geomorfologici dell'area, con particolare riferimento alle macroforme glaciocarsiche ed alle caratteristiche geolitologiche hanno permesso di studiare in modo approfondito il fenomeno carsico ed individuarne i fattori condizionanti.
Sulla base dei dati raccolti sono poi state formulate le ipotesi sulla speleogenesi e sull'evoluzione delle cavità.
Lo studio intitolato “Il carsismo delle Cime del Monte Musi” di Maurizio Anselmi e Rino Semeraro pubblicato su IPOGEA Vol. 2 nel 1997 costituisce la base per ogni indagine ed approfondimento futuri.

IL CAMPO BASE

A quota 1400 m, è stato predisposto un campo base dove soggiornare durante le campagne estive e le puntate invernali. È stato riadattato un vecchio ricovero di pastori ricavandovi uno spazio coperto con un telone per la cucina e le attività comuni attorno a cui erano sistemate le tende per la notte.
Giacché nelle zone carsiche non esistono corsi d'acqua superficiali, l'approvvigionamento idrico avveniva mediante la raccolta della pioggia con un telo di nylon posto in una conca naturale del terreno.
La zona è però una delle più piovose d'Italia per cui, a parte anni di particolare siccità, l'acqua in genere era tutt'altro che carente, come si può vedere dalla foto sottostante.

Per alcune esplorazioni in quota sono stati utilizzati ricoveri di fortuna.

I RILEVAMENTI

La posizione degli imbocchi delle cavità è stata verificata con il GPS e posizionata sulle carte georeferenziate mediante apposito software.

Durante le ore serali, dopo le esplorazioni, si effettuava la prima restituzione dei rilievi, per verificarne l'esattezza e l'eventuale necessità di revisione.


IL MASSICCIO CARSICO

Il  versante Nord del Monte Musi è costituito da una monoclinale a franapoggio ove gli strati delle varie unità litologiche affioranti sono orientati attorno E-W  ed immersi verso N con inclinazioni mediamente di 45° .
Ma è soprattutto il sistema fessurativo, anch'esso fortemente inclinato che ha condizionato la forma e l'estensione delle cavità, rappresentate prevalentemente da pozzi verticali con scarsa presenza di gallerie suborizzontali.
All'esterno, i piani di strato inclinati sono incisi dalle lunghe e profonde docce detti Rinnenkarren che solcano a volte interamente vaste superfici.
L'acrocoro del Musi è inoltre caratterizzato da forme derivanti dal modellamento glaciale;  si notano in particolare tre ripiani glaciali ed una serie di conche glaciocarsiche.
Sulle pareti calcaree si riconoscono ancora i segni  dell'escavazione glaciale.

Alcuni significativi esempi di forme derivate dall'azione glaciale. Si noti l'escavazione prodotta sulle pareti calcaree.

La distribuzione delle cavità attualmente conosciute.


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