Abisso dei Serpenti

Le esplorazioni degli anni ’70 nell’Abisso dei Serpenti (Kacna Jama) – Slovenia (ex Jugoslavia)

Il testo di seguito riportato riporta integralmente la relazione redatta nel 1982, a seguito delle esplorazioni del GSSG della fine degli anni '70




Albero Dini – Giorgio Tarabocchia

L’abisso dei serpenti

Aspetto di una cavità a circa un secolo dalla sua prima esplorazione


Quanto ci siamo accinti a scrivere non è, anzitutto, un trattato scientifico, perché ciò sarebbe stato al di sopra delle nostre modeste capacità, ma l'umile e riverente omaggio a coloro che ci hanno preceduto e tramandato i frutti del loro arduo lavoro; ricerche che ci sono di sprone a continuare ciò che il ciclo della vita ha impedito loro di condurre a termine.
Siamo ritornati sulle loro orme a distanza di anni, abbiamo rivissuto forse gli stessi attimi di sgomento stupore nell'ammirare l'orrida bocca di ingresso dell'Abisso dei Serpenti, nell’affrontare il suo vertiginoso pozzo d'accesso per poter varcare la soglia del meraviglioso mondo sotterraneo.
Questa nostra fatica ripropone e riprende un dialogo interrotto da eventi bellici e da impedimenti di varia natura; un ulteriore sviluppo e riassunto di dati che comprende, oltre alle esperienze personali di questi validi predecessori, anche studi ed esperienze nostre, dirette, attuali.
E’ un motivo sufficiente, ci sembra, per dedicare queste pagine ai Hanke, Marinitsch, Müller, Lindner, Novak, Timeus, Boegan, Bertarelli, Gortani, e ai molti altri che, con spirito di iniziativa e rigore scientifico, hanno reso universalmente note le bellezze ed i fenomeni delle cavità carsiche; a questi padri della speleologia va il nostro commosso ringraziamento.

A. DINI – G. TARABOCCHIA




INQUADRAMENTO DELLA CAVITÀ NELL'AMBIENTE CARSICO CIRCOSTANTE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'IDROGRAFIA SUBAEREA E SOTTERRANEA DEL TIMAVO

Molti studiosi hanno condotto ricerche sull'attuale corso ipogeo del fiume Timavo. La prima ipotesi concreta, di E. Boegan (1938), fu che questo corso d'acqua, dopo l'inabissamento nelle voragini di San Canziano, seguisse il tracciato segnato dall'Abisso dei Serpenti, Grotta Sottocorona, Grotta di Corgnale, Grotta delle Torri di Lipizza, Voragine dei Corvi, Grotta di Trebiciano, Abisso di Monrupino, Grotta Gigante, Abisso Martel, Grotta di Gabrovizza, Grotta Noè, Grotta della Stazione di Aurisina (Nemez) ed infine San Giovanni in Tuba.
Questo ipotetico percorso corrisponde al «Solco del Paleotimavo» (A. Marussi 1941) attraverso la «Soglia di Corgnale», e poi attraverso il «Solco di Aurisina».
Di questa ipotesi due conferme soltanto: la presenza di un corso d'acqua sotterraneo nell'Abisso dei Serpenti e nell'Abisso di Trebiciano.
È nostra supposizione invece che la prima parte del percorso sotterraneo del Timavo segue uno dei più antichi paleosolchi di superficie, quello cioè che da Divaccia porta a Poverio. Da questa località le acque potrebbero poi passare nel «Solco di Aurisina» — attraverso la «Soglia di Sesana» — od anche proseguire nel «Solco di Brestovizza».
Questa nostra supposizione è confortata dalla scoperta di alcuni inghiottitoi «termodinamici» (così denominati dagli studiosi jugoslavi) nella zona di Poverio e Merciano.
In corrispondenza delle piene del fiume, e di questi inghiottitoi, le condotte sotterranee entrano in pressione. Ciò fa sì che l'aria che circola nelle cavità venga spinta all'esterno con notevole violenza attraverso degli sfiatatoi. Questi sfiatatoi, ubicati appunto nel solco sopra citato e posti a valle di San Canziano e degli inghiottitoi «termodinamici», esauriscono il flusso di aria passata l'onda di piena.
A confortare ancora questa ipotesi rimandiamo il lettore alle ricerche gravimetriche di E. Soler (1934). Infatti, una campagna geofisica sul territorio compreso tra San Canziano e Trebiciano ha messo in evidenza deficienze di masse in corrispondenza del «Solco di Lipizza», ed in corrispondenza di Poverio. Ciò induce appunto ad ipotizzare un corso sotterraneo del Timavo — attivo o inattivo — da San Canziano al «Solco di Brestovizza».
Dopo questa premessa ritorniamo al Timavo soprano, dove, a grandi balzi, sprofonda nelle Grotte di San Canziano. Anzitutto il suo corso subaereo era spostato verso Nord-Est. Esso seguiva infatti il tracciato che da Scoffe porta a Nord di Divaccia: ne è testimone del suo passaggio l'allineamento di grandi doline presenti. Ora invece il fiume abbandona la superficie subito dopo la Conca di Auremio entrando, dopo essersi alimentato dal suo bacino di Flysch, nei calcari incarsiti.
Seguiamo questo percorso sotterraneo nelle gallerie delle Grotte di San Canziano… Ci inoltriamo nel Canale Hanke e poi, dopo laghi e cascate ci arrestiamo dinanzi al muro di roccia del Lago Morto. Da qui il Timavo inizia il suo corso misterioso.
Nel corso dell'altro secolo e di questo, tutte le ricerche sull'idrologia sotterranea del Carso saranno rivolte ad individuare la presenza di questo fiume in qualche punto del sottosuolo.
L'Abisso dei Serpenti, grandioso complesso ipogeo che si sviluppa nei calcari del Cretacico, ha rappresentato — dalla sua scoperta — un motivo di eccezionale importanza.
Esso è infatti il primo punto dopo San Canziano dove si incontra il Timavo sotterraneo. Qui, il fiume scorre in grandi gallerie ormai trecento metri sottoterra.

CRONISTORIA DALLE PRIME ESPLORAZIONI AI NOSTRI GIORNI

L'inizio delle prime esplorazioni all'Abisso dei Serpenti ebbe luogo verso la fine del secolo scorso ad opera di A. Hanke e del Marinitsch i quali, dopo alcuni anni di ricerche nelle vicine Grotte di San Canziano, riversarono la loro attenzione a questa voragine. II Marinitsch ne lasciò una testimonianza scritta — che fu pubblicata in francese e che noi abbiamo tentato di tradurre — la quale, dopo tanti anni, è difficile reperire e ci servì da spunto e base di partenza per i nostri studi. La descrizione mantiene ancor oggi il suo smalto vivo e palpitante e pertanto riteniamo più corretto e più utile per il lettore non riportare un riassunto delle esplorazioni da essi compiute ma il resoconto originale riflettente le loro personali impressioni ed i risultati delle loro scoperte.
«La caverna più conosciuta del Carso austriaco è quella di Postumia, celebre, da più di un secolo, per la sua estensione e bellezza delle sue stalattiti e che — dopo le nuove scoperte fatte da M. Martel nel 1893 — è la più lunga d'Europa (10 Km. di sviluppo).
«Ma a metà strada fra Trieste e Postumia un'altra caverna, meno ricca di concrezioni, è vero, ma pur tuttavia grandiosa e degna di ammirazione — benché non sia stata efficacemente segnalata alla pubblica curiosità che appena nel 1884 a seguito delle esplorazioni che feci assieme a A. Hanke e F. Miiller — è quella di San Canziano del Carso, dove il fiume Recca (Timavo), dopo 60 km. di corso in superficie, si addentra in una serie di grotte dove le volte arrivano sino a 90 metri di altezza.
«Il 6 settembre 1893 siamo stati fermati a 2.700 metri di distanza ed a 119 metri dal livello d'entrata (vale a dire a 205 metri di altitudine) da un sifone (lago della morte) profondo 13 metri, chiuso da tutte le parti dalla roccia viva che impedisce ogni ulteriore avanzata.
«Tralasciando i dettagli e le descrizioni già pubblicate sulle Caverne di San Canziano (1), mi soffermerò a ricordare che a 3 km. a N.O. dalla porta del Timavo, esiste, a 420 metri ad Ovest dalla Stazione ferroviaria di Divaccia, un abisso enorme che si apre a 445 m. di altitudine conosciuto con il nome di Kačna Jama o Abisso dei Serpenti.
«La sua apertura, a forma di imbuto, misura all'origine 45 m x 35 m e si restringe rapidamente. L'abisso ha 213 metri di profondità a picco.
«Dopo molti tentativi infruttuosi ed una settimana di preparativi, il nostro compianto collaboratore Hanke vi discese il 28-6-1891; scoperse e percorse una galleria lunga 836 metri dove credette di ravvisare tracce di piene della Recca (Timavo), il cui corso resta sconosciuto in avanti del Lago della morte, raggiunse una profondità di circa 260 metri che pose la Kačna Jama al terzo posto nella graduatoria degli abissi conosciuti e cioè dopo quello di Trebiciano (322 m.) e quello di Padriciano (270 m.) entrambi vicino a Trieste.
«Nella presente relazione si vedrà che la Kačna Jama discende ad almeno 300 metri sotto la superficie del suolo facendo dunque superare quello di Padriciano in attesa che ulteriori ricerche la facciano sopravvanzare anche quello di Trebiciano.
«Hanke, però, già sofferente nel corso di questa prima esplorazione ne riportò una pleurite che aggiunta ad una malattia di cuore, ce lo fece perdere il 3-12-1891. Questa morte crudele ci allontanò per qualche tempo dall'Abisso sino a quando il capitano Novak venne ad apportare alle nostre ricerche il suo aiuto prezioso ed infallibile.
«A causa dell'elevato costo e dello scarso tempo a disposizione non ci fu possibile organizzare una nuova esplorazione alla Kačna Jama in occasione della visita a Trieste di M. Martel nel 1893. Ciò nonostante eravamo più che mai decisi e convinti di ritrovare il Timavo sotterraneo.
«Il 1894 trascorse tutto nella compilazione di piante e in preparativi per arrivare ad un sistema che — se non confortevole almeno pratico — ci permettesse di scendere a volontà nella Kačna Jama. Ciò era indispensabile per poter sorvegliare prontamente le conseguenze che potevano avere le piene del Timavo così frequenti e spesso cosi terribili a San Canziano.
«Nel 1895 finalmente tutti i preparativi vennero ultimati e vennero così effettuate 14 uscite ed ispezioni, delle quali in questa relazione vi darò un'ampia descrizione.
«Il lettore potrà seguire dalla carta allegata disegnata da Hanke e da me i dettagli di quanto venne compiuto.
«I lavori che, intrapresi alla Kačna Jama con Miiller ed il capitano Novak, hanno già dato risultati molto soddisfacenti.
«Detti lavori, iniziati il 16 aprile 1895 e frequentemente interrotti a causa delle piogge e dell'umidità, furono pressoché portati a termine alla fine di agosto dello stesso anno.
«L'esplorazione, già molto avanzata, venne a questo punto facilmente completata e perfezionata.
«Cinque operai (Giorgio Cerkvenik, Paolo Antoncich, Francesco Snidercich, Valentino Reschauer e Gregorio Ziberna) avevano intanto dedicato, sino al 10 settembre 1895, 315 giorni di lavoro per le operazioni di sistemazione che presentavano molte difficoltà e pericoli.
«Durante tali operazioni si verificarono vari nubifragi — vere ondate di piena — che fortunatamente non provocarono né vittime né danni. Unica vittima fu il piccolo cane dell'operaio Ziberna: aspettando un giorno il suo padrone, si avvicinò troppo al bordo superiore dell'abisso e gli operai che lavoravano a 100 metri di profondità lo videro, terrificati, precipitare vicino a loro, sino al fondo della voragine che risuonava dei suoi guaiti pietosi.
«Il sentiero di discesa è naturalmente dei più arditi ed è in molti punti perfettamente a picco e vertiginoso per chiunque non abbia i nervi saldi.
«18 scale di circa 8-12 metri di lunghezza, dei piccoli gradini scavati nella roccia ed alcuni ramponi di ferro cementati nelle pareti, resero possibile la discesa sino a 213 metri di profondità.
«Il 29-5-1895 noi raggiungemmo la seconda cresta che separa — a 105 metri di profondità — il grande ed il piccolo pozzo dove Hanke aveva piazzato il verricello nel corso della prima discesa del 28-6-1891.
«Qualche giorno dopo avemmo la fortuna di scoprire, tracciando dei passaggi nelle rocce, un nuovo pozzo, il terzo, completamente chiuso da un blocco franato che ne aveva ostruito l'orifizio senza alcuna traccia visibile. Senza i nostri lavori, l'esistenza di questo pozzo sarebbe rimasta perfettamente ignorata. È un esempio di più delle costruzioni sconosciute che esistono sopra e sotto terra.
«Questo terzo pozzo, che ha facilitato e reso più sicura una parte della discesa e nel quale feci piazzare delle scale, mette capo, a 28 metri di profondità, ad una terza cresta che separa il secondo dal terzo pozzo: una parte della fiancata separante (10 metri) è crollata. Da quel punto il terzo pozzo discende ancora per 40 metri e termina in una piccola caverna laterale scavata nella parete ovest del gran portale d'entrata che è rischiarato dai 2 altri pozzi che forano la volta.
«Questa caverna laterale, che assomiglia molto alla Grotta del Giubileo a San Canziano, è alta 13 metri, larga 10 metri e lunga 18 metri; ha reso i più grandi servizi alle nostre manovre e da là, con 42 metri di scale di corda, il capitano Novak ed io potemmo raggiungere il 19-6-1895 il fondo dell'abisso per visitare in 8 ore tutta la parte sino allora conosciuta della Kačna Jama.
«Dopo di allora la scala di corda è stata sostituita da solide scale di legno sistemate obliquamente con le quali, alla data del 12 settembre, feci altre discese senza grande fatica.
«Il 25 luglio, assieme a F. Müller, al capitano Novak ed al naturalista Antonio Valle, esplorammo l'estremità della galleria principale scoperta da Hanke il quale non aveva potuto esplorarla completamente per mancanza di scale e dove pensava di poter trovare il Timavo.
«Innanzitutto scalammo, all'altezza di 10 metri, una grotta che sembrava essere la continuazione della galleria ma che invece terminava, dopo una ventina di metri, in una fessura verticale.
«Poi discendemmo in una caverna profonda circa 10 metri, piena di argilla umida, dove l'acqua deve penetrare attraverso un foro molto stretto.
«Infine raggiungemmo, con una scala di 7 metri, lo specchio d'acqua che M. Hanke suppose essere uno sfogo di piena del Timavo. È questo bacino d'acqua stagnante con temperatura +11°C. (l'aria aveva +12°C.) profondo da 2 a 4 metri e largo da 2 a 3 metri. Noi lo superammo ed arrivammo quindi sul bordo di scarpata rocciosa, profonda 15 metri e pulita dall'acqua, che ci condusse ad un colatoio lungo 70 metri, largo da 3 a 12 metri e alto da 5 a 18 metri; questo colatoio sfocia in una fessura aperta ma impenetrabile all'uomo e che noi progettammo di allargare.
«È constatato che l'acqua deve entrare ed uscire per questa fessura che non è affatto ostruita. Lo stillicidio delle volte e delle pareti è minimo per cui è molto probabile che lo specchio d'acqua non ne sia il prodotto ma quello che rappresenta un “lascito” di qualche torrente sotterraneo: resta da sapere se questo torrente sia il Timavo.
«L'altitudine di questo punto (all'incirca 150 metri sopra il livello del mare) Io farebbe credere, come pure le sabbie che vi si trovano, ma la posizione discosta visibilmente dal presunto corso del Timavo. Gli altri due specchi d'acqua che si trovano ai punti 1-4 e 18 del piano della galleria sembrano provenire dallo stillicidio ed accusarono, il 25 luglio, + 11° C.
«Ritornando sui nostri passi, riguadagnammo il Duomo d'entrata, alto 55 metri, con i suoi due lucernai, attraverso i quali cadono, smorzati a 213 metri di profondità, deboli fasci di luce dall'aspetto molto impressionante e grandioso. Le pietre che, cadendo da un'enorme altezza, si sbriciolano in mille pezzi, ricoprono di detriti il fondo dell'abisso. Detriti si trovano alla sommità e nel mezzo del pendio che scende molto inclinato (40°) verso il SUD su una lunghezza di 150 metri dall'inizio del Duomo d'entrata sin dentro una caverna lunga 100 metri, alta da 5 a 15 metri e larga da 14 a 50 metri.
«A 70 metri dal fondo della caverna, le pietre del pendio sono completamente ricoperte da una fine sabbia e portano tracce di un movimento molto accentuato di acque in tutte le direzioni e che non hanno nulla a che fare con i rivoli d'acque piovane che entrano attraverso l'abisso.
«In un'altra parte, molto vicino alle pietre rotolate, si notano alcuni piccoli rami d'albero frantumati dalle acque ed alcuni noccioli di prugne, frutti questi che non esistono a Divaccia ma soltanto nell'alta valle del Timavo.
«M. A. Valle trovò pure, sulle umide pareti, il “Sphaericum Rivicola Leach” che vive soltanto nelle sabbie del fondo dei fiumi e dei grossi torrenti, per cui la presenza di detto mollusco nell'Abisso dei Serpenti prova che nel periodo di piena l'acqua di un grosso torrente vi deve penetrare. Una conferma a questa ipotesi è d'altro canto fornita da una fessura nel fondo, profonda 5 metri, larga 30 cm. e lunga 1 metro, perfettamente levigata dalle acque e dove soffia una corrente d'aria verso l'interno.
«Tutte queste circostanze, dopo essere giunti alla constatazione che le sabbie della caverna non sono calcaree, ma arenacee — roccia sconosciuta nelle vicinanze ma presente soltanto nell'alta valle del Timavo — non lasciano più dubitare che il Timavo deve penetrare in periodo di piena in questa parte della Kačna Jama ed in casi particolari, come quelli del 1826 e 1851, in tutta l'estensione della caverna.
«Il Timavo conserva nel suo corso sotterraneo nelle Caverne di San Canziano, a partire dalla 10a cascata, sino al Lago Morto (altitudine circa 250 metri) la direzione Nord Ovest e, tracciando una linea immaginaria di 1.600 metri nella medesima direzione, questa tocca precisamente la parte meridionale dell'Abisso dei Serpenti (Kačna Jama) che presenta nella summenzionata fessura un'altezza approssimativa di 150 metri.
«Dopo aver fatto allargare con una mina questa fessura siamo già discesi di circa 5 metri constatando che tale fessura si prolunga ancora di altri 3 metri denunciati dalla sonda. È appunto là che abbiamo delle probabilità di ritrovare il Timavo ed in tutti i casi fu da là che, nel corso della piena di ottobre, l'irruzione di un getto d'acqua e di soffi d'aria hanno provato che questa supposizione è giusta.
«Già ammalato e provato dalle fatiche, M. Hanke non scese in questa parte della Kačna Jama e si fidò di quello che l'operaio Ziberna gli ebbe a relazionare. Egli segnò sulle piante quelle acque che non aveva visto, ma volle indicarne le tracce osservate. La profondità e la lunghezza vennero allora valutate ben al di sotto della realtà.
«Molto vicino all'entrata della galleria principale si apre, a sinistra, una piccola grotta senza concrezioni e senza fessure, lunga 15 metri, larga da 1 a 5 metri ed alta 3 metri, accessibile soltanto con una scala di 8 metri. Il suolo è coperto da uno strato di argilla di circa 1 metro fortemente screpolata, indice evidente che l'acqua vi entra e vi si ferma spesso.
«Un'altra piccola grotta accessibile presenta delle stalattiti e si trova nella parete Nord del Duomo d'entrata terminando dopo circa 15 metri in un camino riempito da una frana molto instabile.
«Nella parete Ovest del Duomo d'entrata una larga ed alta bocca di caverna si presenta nella penombra, di fronte all'entrata della galleria principale della quale ne sembra la continuazione.
«Nel corso della prima visita alla caverna, questa attirò la mia attenzione ma, poiché la scalata non era molto facile e l'operaio Ziberna dichiarava che vi era salito nel corso della prima spedizione senza trovarvi qualcosa d'interessante, mi riservai di esplorarla in una successiva occasione.
«Scalando una piccola parete liscia ed un piano molto scosceso coperto di detriti franosi molto instabili, si arriva ad una piccola apertura molto bassa, in parte ostruita da pietre cadute ed ancora instabili, nel punto in cui Ziberna si arrestò nel 1891 perché il fondo presentava allora una piccola pozza d'acqua di stillicidio.
«Dopo aver superato questi ostacoli, ci si trova in una piccola sala lunga 25 metri, alta da 3 a 5 metri, larga da 8 a 12 metri, ornata da stupende stalattiti e stalagmiti bianche; a Sud, dove si forma il corpo di una grossa stalattite (turacciolo non ancora perfetto) che chiude un'altra piccola sala, ci sono delle stalattiti.
«Sempre verso Sud una compatta cortina di stalattiti sembra chiudere definitivamente il passaggio ma, infilandosi in una piccola apertura di 40 cm. e profonda 2 metri, si arriva ad un piccolo colatoio inclinato che mette capo ad un pozzo di 5 metri pressocché verticale. Sul fondo, cumuli di detriti impastati con argilla, denunciano l'azione delle acque (che mancano attualmente); attraverso un piano inclinato di 25° coperto di argilla scivolosa, ci si innalza di una trentina di metri in una galleria alta 10 metri e larga da 7 a 10 metri, all'estremità della quale si vedono scintillare dei drappeggi calcarei su una muraglia che sembra chiudere la grotta.
«Ma nel proseguire, si scoprì che la galleria gira a destra verso Nord Ovest ed uno spettacolo magico si offerse allora ai nostri occhi abbagliati: una fila di colonne, torri, drappeggi, ecc., diamantini e scintillanti, rossi o bianchissimi, si drizzavano all'improvviso ai lampi del magnesio.
«Questa incantevole sala è a 200 metri di profondità; in una posizione più accessibile essa farebbe la fortuna di un paese come quella trovata a Rabanel nel 1889 da M. Martel a 170 metri sotto terra.
«Essa si prolunga per 70 metri con inclinazione di 20°, una larghezza massima di 30 metri ed un'altezza da 10 a 20 metri.
«Notevole è ancora una colonna bianca caduta, fiancheggiata da due altre colonne rimaste intatte sul posto, mentre sul posto medesimo della colonna caduta si è formata una colonna rossastra (80 cm. di diametro). Chi potrà mai calcolare l'età dell'una e dell'altra?
«Sul fondo di questa suntuosa galleria, un canale di 25 metri si dirige verso Sud Est e termina in due fori di assorbimento. Coperto da argilla umida, da o dava lo scarico alle acque della caverna che nella parte sin qui percorsa è molto secca.
«Un nuovo gomito si dirige verso Nord Ovest e porta con una salita di 20° d'inclinazione alla sommità di un pendio ascendente lungo 40 metri dove la grotta si restringe a 7 metri sempre fiancheggiato da superbe concrezioni diamantine ornate da cortine trasparenti dai più svariati colori. Verso la parte più stretta, una massa stalagmitica di 10 metri di diametro sembra aver invaso il passaggio poiché alla sua destra si penetra attraverso un colatoio in una stanza con magnifici drappeggi dove c'è un'uscita che conduce alla galleria principale. Da questa stanza si passa per uno stretto canale, procedendo carponi nella melma che copre il fondo, in un'altra piccola stanza rotonda che mette capo ad una fessura impraticabile che serve di scarico.
«Alla sommità del pendio, la scena cambia e diviene più selvaggia. Una scarpata molto ripida (circa 40°), tagliata da una piccola terrazza ornata da stalagmiti più o meno grossolane e da altre più piccole rovesciate e rotte, ma saldate nuovamente al suolo fortemente umido, porta a sinistra a 50 metri di distanza, verso due fori assorbenti impenetrabili; a destra la caverna si restringe a 7 metri e si prolunga per 30 metri in una galleria alta da 5 a 6 metri. La parete Ovest è sconvolta da un caos di blocchi colossali caduti dalla volta, attraverso i quali si può passare come attraverso un tunnel.
«All'estremità di questa galleria tutto sembra chiuso, ma una piccola fessura di 50 cm. quadrati offre un passaggio che porta ad un piccolo pozzo di 5 metri. Non avendo noi allora il materiale per discenderlo, ci dovemmo fermare là, ma il 7 agosto ritornai alla carica con il capitano Novak e, dopo aver superato i 5 metri verticali ed altri 5 in linea orizzontale, raggiungemmo una galleria molto bassa ed assai larga e lunga (20 metri per 12), piena di argilla screpolata, ammonticchiata nel mezzo. La volta presentava delle marmitte rivoltate prodotte evidentemente dal turbinare delle acque. Un canale di 25 metri, leggermente inclinato e coperto d'argilla — ma presentante sul fondo (cosa molto singolare) delle bianchissime stalagmiti — faceva seguito a questa grotta e sfociava in un altro pozzo di 5 metri, coperto da una cascata stalagmitica bianchissima. Sul fondo, una piccola stanza di 7 metri di lunghezza con due fessure ascendenti e due pozzi discendenti, ci sorprese per la sua singolarità. La nostra sorpresa aumentò ancora quando, nel discendere uno stretto pertugio profondo 2 metri, dove c'era una pozza d'acqua della temperatura di 11° C (aria +13° C), noi seguitammo a trascinarci sul ventre lungo un budello leggermente in salita che dopo 15 metri finiva in due fessure impenetrabili e dove il suolo era ricoperto di concrezioni rassomiglianti a dei cavolfiori perfettamente puliti e bianchi senza argilla di sorta.
«Noi, impegnandoci in questi stretti canali, avevamo la più sincera speranza di ritrovare il Timavo ma una volta ancora fummo delusi.
«Il punto più basso raggiunto in questo lato è a circa 175 metri di altitudine, avendo una profondità totale di 270 metri. Lo sviluppo di questa nuova galleria con le sue diramazioni raggiunge all'incirca i 100 metri.
«Molto interessanti sono le osservazioni della temperatura fatte nella Kačna Jama e che si trovano nella tabella qui allegata. Vi si osserverà che a circa 100 metri di profondità il termometro ha segnato 11 volte da + 5° a + 6° ed al fondo dell'abisso (210 metri) 8 volte da + 5° a + 6° quando la temperatura a Divaccia era da + 21,2° a + 26°. A. Hanke aveva indicato + 15° al 25-6-1898 al fondo della Grotta, ma questa unica osservazione non mi sembra esatta: l'errore deriverà senza dubbio dal fatto che il termometro non fu lasciato per un tempo sufficiente, dato che ci vogliono circa 10 minuti per avere un'osservazione corretta. L'abisso era molto più umido e le correnti d'aria assai sensibili, la bassa temperatura rilevata poteva senz'altro essere spiegata dal raffreddamento dovuto all'evaporazione, dato che l'aria calda è più leggera d'estate.
«Le osservazioni saranno continuate d'inverno e noi vedremo allora quelle che saranno le temperature.
«È importante inoltre notare il fatto che le scosse di terremoto che si succedettero per tre mesi nella zona di Lubiana non furono affatto avvertite a Divaccia ne percepite dagli operai impegnati nella Kačna Jama.
«M. Antonio Valle, Direttore Aggiunto del Museo di Storia Naturale di Trieste, ha raccolto nella Kačna Jama i seguenti animali cavernicoli:

TITANETHES ALBUS SCHIÖDTE
TYPHLONISCUS STYGIU JOSEPH
STALITA TAENARIA SCHIÖDTE
BRACHYDESMUS SUBTERRANEUS
BLANIULUS SPAELEUS
CYPHODEIRUS SPAELEUS
ANTISPHODRUS SPAELEUS
ANOPHTHALMUS SPAELEUS
due specie molto interessanti di ZOOSPEUM
molte valve giovani di SPHAERIUM VINICOLA LEACH
molte ACARINUS
e qualche FUNGO.

«M. Valle si riserva, dopo le nuove ricerche nella grotta, di dare una lista completa degli animali trovati.
«Nel corso dell'autunno procedemmo all'allargamento ed allo sgombero della fessura del fondo della prima caverna discendente della Kačna Jama, all'estremità del pendio del Grande Duomo. Ciò ha già dato dei buoni risultati. Al posto dei 5 metri raggiunti all'origine, siamo discesi sino a 7 metri, avendo da un lato la roccia viva e dall'altro dei blocchi franati. Al fondo della fessura si scorge una stretta continuazione verticale di 1 metro, coperta da sabbia e da ciottoli, mentre invece orizzontalmente attraverso un foro molto difficile da superare, si entra in una piccola camera alta due metri, larga da 2 a 3 metri e lunga 7 metri; questa camera comunica — attraverso un altro foro di 2 metri di lunghezza ma molto basso — con una seconda camera pressocché uguale alla prima e che si prolunga in un budello per il momento impenetrabile e privo di correnti d'aria.
«Questo è attualmente il punto più profondo raggiunto nella Kačna Jama a 300 metri dall'orifizio e a 145 metri d'altitudine.
«I due passaggi e le due camere sono rivolti verso Ovest e misurano 25 metri di lunghezza. Il suolo è coperto per 1 metro da blocchi franati più o meno grossi sin dentro la fessura dove si vede, sul fondo, della sabbia e dei ciottoli levigati. Le pareti e la volta di questa caverna sono corrose ed annerite per circostanze particolari; diversamente la caverna sarebbe perfettamente ostruita, in questo caso lo è solo parzialmente. Le piene del Timavo dovevano, come vedremo, risolvere questo problema; lo sgombero del sovrappiù della caverna, che comportava grosse spese, resta sospeso.
«Sulla pianta allegata si deve correggere l'altezza e la lunghezza dell'ultima parte della galleria principale che noi potemmo meglio esaminare e scoprire in una seconda visita; noi vedemmo allora una piccola sorgente colare lungo l'ultima parete di destra e formare un piccolo ruscello che si perdeva nella fessura di fondo, impenetrabile all'uomo.
«Questa correzione non ha una grande importanza poiché determina un cambiamento soltanto per la massima altezza (che è di 18 metri) e per la lunghezza (13 metri) dell'ultimo colatoio.
«Agli animali cavernicoli che Antonio Valle ha preso alla Kačna Jama bisogna aggiungere pure il PISIDIUM FOSSARIUM CLESSIN, trovato nella melma umida vicino all'acqua alla fine della galleria principale, e 4 specie di “zoospeum” e cioè:

ZOOSPEUM ALPESTRE FREYER
ZOOSPEUM OBESUM SCHMIDT
ZOOSPEUM ANGLENUM BOURG
ZOOSPEUM AMOENUM FRANEUF.

«Al pari le osservazioni della temperatura sono completate nella maniera seguente:
25.09.1895 06.10.1895

Divaccia                         h.  9,15   + 12°   h.  9,15    +13,8°
Kačna Jama (a 40 metri)          h. 10      + 13°   h. 10       +11,7°
           (a 70 metri)          h.  –         –    h. 10       + 9,5°
           (a 100 metri)         h. 10,30   +  7°   h. 10,45    + 6°
                                                    h. 14,30    + 6°
           (a 210 metri)         h. 11      +  5,1° h. 11,30    + 5,2°
Duomo d'Entrata (nuova galleria)     –         –    h. 12,30    +11,5°

«Alla fine di ottobre 1895 riuscimmo infine a constatare l'apparizione del Timavo nella Kačna Jama.
«La pioggia cadeva da più di 15 giorni ed il Timavo aveva cominciato ad ingrossarsi al punto che all'idrometro nel lago della dolina grande di San Canziano segnava, il 24 ottobre, + 2 metri, il 25 + 2,5 metri, il 26 +3 metri. La domenica 27, dopo una pioggia che, iniziata il sabato, dopo 24 ore non era ancora cessata, il Timavo si mise a salire con rapidità, dalle ore 8 del mattino alle 4 pomeridiane allagò i mulini di San Canziano sulla riva destra e si alzò nel lago della Grande Dolina — fino a 12 metri sopra lo 0 idrometrico. L'impiantito del Ponte della Concordia nella Grotta Marinitsch non era più che a 3 metri dal livello delle acque. La Caverna Rodolfo fu allora allagata sino all'altezza di 17 metri, la Caverna Svetina fino a 18 metri, la Caverna Müller fino a 26 metri al pari del Canale Hanke, alla Regengrotte l'acqua svelse un ponte di 8 metri, interrompendo il passaggio.
«Non c'è da dubitare che il livello dell'acqua abbia raggiunto livelli ancora maggiori nelle altre caverne, è pure probabile che la Caverna Martel sia stata invasa interamente dall'acqua sino all'altezza di 70 metri. I danni che questa grande alluvione ha causato ai nostri sentieri di San Canziano sono stati assai sensibili e danno l'idea della terribile furia dell'acqua in piena.
«La domenica 27 ottobre, verso le 5 pomeridiane, l'acqua cominciò a decrescere, il lunedì era scesa a 6 metri ed il martedì a 4 metri. Una guida, che il lunedì alle 8 di mattina, visitò i sentieri superiori della Caverna Müller trovò l'acqua ancora a 12 metri d'altezza e quasi senza movimento, segno questo che la parte a valle era ancora sommersa. I paesani affermarono che era da più di 20 anni che non si verificava una simile piena del Timavo. Quella del 21 ottobre 1889 dopo 4 giorni di pioggia ininterrotta, come ebbi a constatare io stesso, non fu così violenta ed il Timavo salì allora nella zona del lago sino a 10 metri, al ponte del Diavolo sino a 14 metri (in quest'ultima piena sino a 17) e nella Caverna Müller sino a 20 metri.
«Vediamo ora ciò che accadde nella Kačna Jama.
«Conformemente ai miei ordini, l'operaio Reschauer scese il 25 ottobre e, benché piovesse da più di 3 giorni e che lo stillicidio nella caverna fosse molto abbondante, poté penetrare nella fessura allargata della caverna discendente (ai piedi dei pendio) senza trovare traccia dell'acqua del Timavo che noi attendevamo. Il lunedì 28, a mezzogiorno, gli operai Ziberna e Reschauer ridiscesero e constatarono, con loro piacevole sorpresa, che la caverna discendente era per tre quarti piena d'acqua immobile, sporca e giallastra.
«Quando ricevetti questa buona notizia ritornai a Divaccia ed il martedì 29, alle ore 11 — quando il Timavo a San Canziano era ancora ad un'altezza di 4 metri al di sopra dello 0 idrometrico — mi trovavo sul fondo della Kačna Jama, ma l'acqua era già sparita. Lo stillicidio era però molto copioso tanto da aver formato qua e là delle pozze d'acqua.
«L acqua scomparsa però aveva lasciato le sue tracce molto evidenti nella Caverna Discendente, tracce che io chiamerò d'ora in avanti la “piena del Timavo”; potei constatare che l'acqua aveva occupato il pendio per una lunghezza di 80 metri e che si era alzata per circa 60 metri sopra il fondo della fessura allargata, risalendo da quota 145 a quota 205.
«Noi volevamo discendere il pendio sino alla fessura ma ci dovemmo arrestare dopo circa 10 metri, tanto il fondo era scivoloso e coperto da una melma umida dove si sprofondava sino ai ginocchi.
«Io non ho più il minimo dubbio che è il Timavo che entra, a causa delle piene, nella Kačna Jama allorquando a San Canziano raggiunge un'altezza superiore ai 6 metri.
«Quanto alla sua scomparsa, è evidente che essa si regola in conseguenza ai movimenti ed agli abbassamenti dell'acqua a San Canziano.
«La pioggia che cade e che passa nella caverna non può assolutamente raccogliersi da un giorno all'altro in una massa d'acqua che io ho valutato intorno ai 15.000 metri cubi.
«Possiamo dunque dimostrare che al fondo della galleria principale che scende al di sotto della quota 206 l'acqua è penetrata a causa della piena del Timavo. Sarebbe temerario avventurarsi sul fondo di questa Grotta nel momento di una piena del fiume poiché bisogna superare dei corridoi molto stretti e difficili.
«Il 29 ottobre osservai le temperature seguenti:

Divaccia                ore  5,15           +8°
Kačna lama              ore 10              +8°   a 40 metri
                                            +8°   a 70 metri
                                            +6°   a 100 metri
                                            +5,8° a 210 metri


«Dopo il 29 ottobre discesi molte volte nella Kačna Jama. Dapprima il 20 novembre, per constatare gli effetti della piena del 27 e 28 ottobre nella fessura allargata e nel corridoio disostruito della caverna discendente (piena del Timavo). L'argilla non si era ancora asciugata e rimaneva molto scivolosa ma con dei bastoni da montagna noi discendemmo — non senza difficoltà — sino alla fessura che trovammo perfettamente libera benché tutto attorno, per un raggio di 10 15 metri, l'acqua avesse depositato uno strato dello spessore di 1 metro di sabbia molto fine.
«In molti punti, sulla superficie della sabbia, l'acqua aveva lasciato un ammasso di foglie triturate e di sottili ramoscelli. Tutti questi detriti schiacciati dall'acqua non sono certo caduti dalla bocca dell'Abisso ma vi sono stati trasportati dal Timavo.
«Il corridoio disostruito, che fa seguito alla fessura, era perfettamente aperto e praticabile, sebbene tappezzato di sabbia.
«Per constatare l'irruzione dell'acqua, avevo in precedenza fissato alle pareti in differenti punti dei piccoli recipienti; tutti erano stati trascinati via.
«Dopo questa ispezione feci continuare in due punti il disostruimento del suolo del corridoio, guadagnando ancora circa 3 metri, questo lavoro divenne a tal punto pericoloso che si dovette sospendere. Il fondo della caverna dunque non era ancora raggiunto. Il motivo della sospensione dello scavo è da imputare al fatto che era assolutamente necessario procedere al puntellamento delle pareti della trincea e ciò comportava una spesa molto forte, considerando anche il fatto che bisognava discendere ancora per circa 20/25 metri prima di raggiungere il livello del Timavo.
«A Trebiciano, nella Caverna Lindner, l'acqua era salita il 27 ottobre a 86 metri, raggiungendo un'altitudine di 105 metri. Nella Kačna Jama abbiamo constatato 60 metri d'acqua nella parte più bassa da noi raggiunta. Se si suppone (d'altronde tutto è ipotetico) che il rigurgito dell'acqua sia uguale in entrambe le caverne, il Timavo dovrebbe scorrere nella Kačna Jama a 26 metri più in basso del punto massimo da noi raggiunto: chissà se il suo corso non si trovi al di sotto di una grossa frana.
«All'estremità della galleria principale, l'acqua era salita di 50 metri raggiungendo così un'altitudine di 200 metri, al punto 14 della pianta di Hanke, dove c'è una pozza d'acqua, noi osservammo così le tracce di una piena di 3 o 4 metri, cosa che combina perfettamente con i 200 metri di altitudine. Bisogna tener presente che soltanto in questi due punti ci sono dei sedimenti sabbiosi misti ad argilla ma nessuna traccia di foglie ne di rami spezzati.
«Nella nuova galleria, dove noi discendemmo fino alla fessura del pozzo di 5 metri, non abbiamo trovato alcuna traccia d'acqua proveniente dal basso. Si scorsero tuttavia dei rivoli d'acqua provenienti dallo stillicidio molto più abbondante e le due protuberanze a sinistra della galleria mostravano i loro orifizi alquanto ingranditi.
«Fra l'altezza dell'acqua entrata nella caverna discendente e quella arrivata all'estremità della galleria principale c'era una differenza accertata da 5 a 10 metri; ma ciò è dovuto probabilmente a degli errori che accadono molto facilmente nel rilevamento molto sommario dei dislivelli che si incontrano così frequentemente nella caverna. È nostra intenzione effettuare colà delle verifiche che richiederanno parecchio tempo.
«Crediamo che la Kačna Jama ci abbia già svelato, nel corso delle nostre 14 spedizioni, tutti i suoi segreti. Tuttavia era un piccolo foro del diametro di circa 60 centimetri, alla sinistra della nuova galleria, rivestito da stalattiti, alla profondità di circa 230 metri e dove io guardai superficialmente senza prestare eccessiva attenzione, che doveva riservarci una gradevole sorpresa nel corso di una visita di O. A. Perco, da noi invitato a visitare le caverne il 4 dicembre, con il capitano Novak ed io che gli facevamo da guida. Osservando il foro suddetto egli lo esaminò più attentamente ed avanzò l'ipotesi che vi si potesse entrare attraverso un basso colatoio lungo circa 6 metri che portava sull'orlo di un pozzo. Noi lo seguimmo e scoprimmo a 3,5 metri di profondità un piano inclinato di 3 metri di lunghezza al quale faceva seguito, in direzione Sud, un pozzo pressoché circolare del diametro di 2,5 metri, profondo 14 metri, con una pozza d'acqua stagnante sul fondo. Discesi con delle corde fino all'acqua potemmo intravvedere a 60 cm. al di sotto del livello dell'acqua uno scalino quasi orizzontale, salendo sul quale si poté superare, verso Est, la pozza che aveva la profondità di 1,5 metri.
L'eco che rispondeva alle nostre grida, ci diede la certezza di ritrovare poco più lontano una grande caverna.
«Ma non avendo noi altre corde ne volendo arrischiare un bagno ad una temperatura molto bassa, dovemmo ritornare sui nostri passi rimandando il tutto ;ad un'altra occasione.
«L'11 dicembre, ridiscesi con gli operai Ziberna e Reschauer e, dopo aver attraversato la pozza d'acqua di 2,5 metri di diametro, passando per lo scalino ci trovammo su di un terrazzo lungo 1,5 metri, largo 2 ed alto 1,70 metri, coperto da bianche concrezioni calcaree sull'orlo di un grande pozzo in direzione Sud, dal quale, con il lancio di sassi ne valutai la profondità a più di 50 metri; la sonda si arrestò a 24 metri senza dubbio su di un terrazzino molto largo che non si poteva vedere così come non si poteva vedere il fondo.
«Noi credevamo di poter penetrare in una vasta caverna e ci trovavamo fermi a due passi causa un precipizio che noi decidemmo di esplorare più tardi, dopo la stagione delle piogge e del disgelo.
«Poteva darsi che attraverso quel passaggio noi si potesse raggiungere una profondità superiore a quei 300 metri sino ad ora raggiunti nella Kačna Jama.
«Non si sarebbe potuto raggiungere, per caso, il Timavo? Ciò noi lo sapremo solo più tardi.
«Al tempo delle ultime discese, la nebbia che regna nell'abisso per tutta l'estate, l'autunno e l'inizio dell'inverno era scomparsa; così pure l'umidità che per effetto del raffreddamento della temperatura esterna arresta l'evaporazione. La discesa, per conseguenza, era meno disagevole.
«Vediamo qui di seguito gli effetti del gelo con i seguenti dati:

                             ore    20.11   24.11   04.12   11-12-1895
Divaccia                    9,15    +7,4°   – 1°      0       + 5,2°
a 40 metri                  9,45    +7,2°   + 0,2°   +1,5°    + 4,6°
a 70 metri                 10,00    +8°     + 1°       –        –
a 100 metri                10,30    +6°     + 2°     +3°      + 4,2°
a 210 metri                11,00    +7°        –     +4,3°    + 4,6°
a 290 metri                12,00    +8°        –       –        –
nella fessura della
nuova galleria               –        –        –       –      +12,5°

«II 2 gennaio 1896 io ridiscesi nella Kačna Jama con il capitano Novak e tre operai (Ziberna e due Reschauer) per esplorare il passaggio scoperto l'11 dicembre 1895 nella nuova galleria dopo il colatoio ed il pozzo Perko, il fondo del quale, nel frattempo, avevo fatto prosciugare di una buona parte d'acqua e fissare due staffe per le manovre delle scale e delle corde. La profondità del passaggio che, con il lancio delle pietre, si credeva aggirarsi sui 50 metri, non aveva che 28 metri. La sonda aveva indicato precedentemente una profondità di 24 metri sino ad un terrazzino largo 2 metri sul bordo del quale una pendenza molto forte con stalagmiti bianche e bagnate porta, dopo 4 metri di profondità, sul fondo dell'Abisso che non è più largo di 2 metri e lungo più di 8 metri; un forte stillicidio cade sin laggiù dall'alto delle volte e lungo le pareti. L'acqua se ne va attraverso le pietre che coprono il fondo e che sono completamente coperte da una bianca incrostazione calcarea. Se lo stillicidio è così copioso nell'inverno con la siccità ed il congelamento del suolo, nella stagione delle piogge deve essere simile ad una cascata.
«Le concrezioni bianche che rivestono completamente questo paesaggio sono di uno spessore considerevole.
«Attraverso questo passaggio noi potemmo dunque raggiungere il fondo ma non si poté scorgere la sommità della volta neppure con i lampi al magnesio. Il diametro al livello della finestra d'entrata è di circa 10 metri di larghezza per 5 di lunghezza; si allarga verso l'alto e si restringe verso il fondo.
«Le pietre che noi avevamo gettato nella nostra prima esplorazione devono aver toccato la parete opposta in modo che le ripercussioni ci avevano dato l'idea di una profondità superiore a quella reale.
«Il primo a discendervi, il 2 gennaio, fu Ziberna e tutto procedette bene; a parte l'umidità, alcuna difficoltà ci sembrava imminente. Due uomini manovravano le corde di sicurezza; io discesi per secondo ed il capitano Novak doveva seguirmi. Allorquando giunsi senza ostacoli sul terrazzino a 24 metri di profondità, Ziberna che era sul fondo, mi consigliò di staccarmi dalla corda — che a dire il vero non era più necessaria — e di scendere, gli ultimi 4 metri di pendio, lungo la parete. Cominciai la discesa ed osservai ad 1 metro dal fondo una pietra incastrata tra due punte stalagmitiche molto basse e lisce sulle quali bisognava camminare. Questa pietra non mi sembrava molto sicura e per prudenza domandai a Ziberna il suo parere. Egli mi rispose: “È solida, io ci sono passato due volte e l'ho provata pure con il martello; potete quindi passarvi tranquillamente”.
«Fidandomi delle sue affermazioni e scordandomi dei miei 60 kg. mentre lui ne pesava 55, vi montai sopra con tutta sicurezza ed improvvisamente questa cedette ed io caddi sul lato sinistro verso il fondo cosicché mi slogai il braccio sinistro e mi provocai delle ferite alla testa che sanguinavano abbondantemente ma che la doccia che cadeva dalle volte le lavava e le rinfrescava. Fortunatamente non persi ne conoscenza ne il mio sangue freddo e quando il capitano Novak raggiunse il fondo mi poté prestar subito un valido aiuto, medicarmi le ferite e bendarmi il braccio.
«Nel frattempo Ziberna constatò che, attraverso un colatoio di 15 metri circa fermato da una litoclasi con direzione Est, ascendente all'inizio e discendente poi, si giunge, camminando su di un terreno argilloso senza pietre, ad una specie di finestra che si apre su di una vasta caverna, il fondo della quale, appena intravvisto al lampo del magnesio, è a 10 metri di profondità in verticale e sembra coperto di argilla. Alcuna traccia d'acqua corrente e niente correnti d'aria.
«La profondità calcolata dal Ziberna raggiungeva all'incirca i 290 metri dall'ingresso della Kačna Jama. La caverna che assomiglia molto — all'ingresso — alla parte interna della Caverna Falkenhajn a Planina, sembra comunichi con il colatoio allargato del fondo della caverna discendente del Timavo: la direzione e la distanza almeno lo fanno supporre.
«A causa del mio malaugurato incidente l'esplorazione dovette essere interrotta. La risalita fu per me molto dolorosa a causa del prolungato movimento e del freddo (-2°), ma con il valido aiuto del capitano Novak e dei tre operai, dopo 7 ore, potei essere di ritorno a Divaccia e quindi a Trieste dove la lussazione mi fu curata.
«La caverna intravvista dal Ziberna portava o no al Timavo? Noi lo vedremo nelle prossime esplorazioni; per ora, a causa del mio incidente, l'interrogativo doveva essere rimandato.
«Le temperature osservate il 2 gennaio 1896 sono le seguenti:

Divaccia             ore  9,30           – 2°
a 40 metri           ore 10,15           – 1,1°
a 100 metri          ore 11,00           + 1,2°
a 210 metri          ore 11,30           + 2,1°
Nuova Galleria       ore 12,00           +12,2°

«Aggiungo che noi abbiamo anche osservato in quel giorno che il Timavo era nuovamente penetrato nel fondo della Kačna Jama (Caverna Discendente) sino a 15 metri di altezza, probabilmente il 13 ed il 25 dicembre scorsi, allorquando ci fu la piena di San Canziano. Con ciò è ben dimostrato che nella Kačna Jama si infiltrano le acque di piena del Timavo ipogeo.
«Abbiamo ritenuto utile ed opportuno pubblicare questi nostri primi risultati e le nostre scoperte fatte nel 1895 anche se la esplorazione dell'abisso non è ancora completata. Siamo certi che ulteriori ricerche ci permetteranno di scoprire molte cose interessanti e, soprattutto, i misteri del Timavo, l'origine e le funzioni della Kačna Jama.
«A questo punto noi concludiamo la nostra relazione, senza dilungarci in altre più ampie deduzioni.»
Così si chiude il capitolo delle primissime esplorazioni. Sembra che i lavori avessero poi subito un periodo di stasi o, perlomeno, la scarsità delle pubblicazioni non aggiunge alcuna notizia degna di un certo rilievo sino al 1910 allorquando il Timeus, oltre ad esplorare la cavità, raccolse campioni di acqua. I dati pervenuti sono di ben poco aiuto sia perché rilevati in periodi troppo diversi, sia perché mancanti di alcuni tipi di determinazioni oggi ritenuti indispensabili.
Il 1934 fu una data importante per l'Abisso dei Serpenti: Cesare Prez della Società Alpina delle Giulie effettuò una minuziosa esplorazione interessandosi particolarmente dell'ampio camino che s'innalza a circa 240 metri dalla base del pozzo principale. Grazie alla sua abilità e con l'aiuto di chiodi iniziò la scalata giungendo, dopo 24 metri di arrampicata su pareti viscide, all'imbocco di una galleria che proseguiva in continua ascesa. Egli scoprì allora quella che venne denominata la «Galleria Ascendente» o «Superiore» ricchissima di concrezioni calcaree, di maestosi drappeggi, di pozze d'acqua.
Tale galleria, dopo uno sviluppo di circa 400 metri, terminava in un cunicolo impraticabile, ricco di sabbia finissima. Secondo il Boegan questo nuovo ramo assorbiva le acque della sovrastante dolina del Riznik.
Un fatto curioso riguarda tale galleria nel corso delle nostre esplorazioni; è un argomento che tratteremo più avanti.
Gli anni che succedettero a tale esplorazione furono densi di vicende che sconvolsero il mondo: quando la tempesta della guerra si placò, la zona di Divaccia non era più compresa nel territorio italiano ed il silenzio coprì l'Abisso dei Serpenti sino al 1962.
In quegli anni si rendeva urgente il problema dell'approvvigionamento idrico della città per cui il prof. Mesetti dell'Università degli Studi di Trieste eseguì una singola immissione istantanea di acqua tritiata nelle grotte di San Canziano e prelievi, oltre che nell'Abisso dei Serpenti, anche nell'Abisso di Trebiciano, nelle risorgive dell'Ospo, in quelle di Bagnoli, di Guardiella, di Aurisina, ecc. Ma l'esperimento, che per quanto riguarda l'Abisso dei Serpenti aveva dato esito negativo, invece di risolvere il problema ne creò degli altri poiché solo piccole quantità delle acque di Aurisina e di tre rami del Timavo (risorgive di Moschenizze, Lisert ed Acquedotto del Randaccio) apparivano marcate e quindi provenienti da San Canziano.
Dopo questo lavoro, le visite degli stranieri nell'Abisso dei Serpenti ed in altre cavità divennero molto rare e soprattutto perché gli Enti jugoslavi preposti alla salvaguardia del patrimonio speleologico, applicano le severe sanzioni previste dalla legge nei confronti di coloro che effettuassero esplorazioni senza la loro approvazione.
A questo punto — siamo nel marzo del 1971 — cominciarono i primi contatti tra lo Jamarski Klub Ljubijana – Matica di Lubiana ed il Gruppo Speleologico San Giusto di Trieste.


CAMPAGNA RICERCHE JKLM – GSSG

I preliminari per portare a buon fine l'esplorazione dell'Abisso dei Serpenti furono molto lunghi in quanto l'iter burocratico rallentò i programmi a tal punto che fummo più volte propensi a cancellare del tutto questo progetto. Alla fine, quasi inaspettatamente e con l'appoggio di valenti studiosi di Lubiana e di Postumia, ci giunse il tanto sospirato «placet». Non rimaneva quindi che rispolverare quanto già precedentemente programmato pur essendo ben consci che non si sarebbe potuto svolgere tutto il lavoro in soli tre giorni.
Anzitutto si trattava di esplorare tutta la cavità senza trascurare il prelievo di campioni di sabbia, argilla, acqua, ciottoli, insetti, ecc., poi, rilevare temperature nel pozzo d'accesso ed in altri punti della cavità; da ultimo, effettuare un rilievo e perlomeno uno schizzo aggiornato. L'ultima fatica ci venne ovviata dalla cortesia degli speleologi di Lubiana i quali ci fornirono le carte con il rilievo della cavità, da loro compiuto nel corso di precedenti escursioni.
In questa ultima spedizione che, secondo la prassi normale, si sarebbe dovuta compiere con i colleghi iugoslavi, fummo sorprendentemente lasciati soli a svolgere i nostri lavori.
Alla fine del terzo giorno le scale vennero ritirate dal pozzo ed una notevole quantità di dati e di campioni si riversò sui tavoli del nostro sodalizio pronti per essere elaborati. Il consuntivo di questa prima spedizione fu oltremodo confortante: anzitutto il programma era stato realizzato al 90%, secondariamente i dati raccolti e confrontati con quelli già noti contribuirono a dare una maggiore chiarezza d'insieme.
In allegato vengono riportate le tabelle sulle temperature dell'acqua delle pozze, temperature dell'aria, ecc.
Fiduciosi di questa esperienza e consapevoli che c'era ancora tanto lavoro da svolgere, specialmente per quanto riguardava il Timavo, convincemmo gli speleologi di Lubiana a programmare assieme una campagna di ricerche all'Abisso dei Serpenti.
A questo punto dobbiamo dire che nel corso della prima esplorazione cercammo vanamente la galleria ascendente scoperta dal Prez; ne discutemmo con gli speleologi jugoslavi ed essi ci risposero che anche le loro ricerche in merito avevano ottenuto esito negativo. Come se ciò non bastasse, venimmo a conoscenza che il grande e compianto Comici, prima di lasciare del tutto l'attività speleologica per rivolgere il suo sguardo alle vette, avesse effettuato un'esplorazione all'Abisso dei Serpenti ed avesse scalato da solo un altissimo camino ascendente, lo stesso camino presso la cui base si trova la galleria ascendente del Prez. Egli avrebbe scalato per circa un centinaio di metri scoprendo un'altra galleria con stupende concrezioni e con un grande bacino d'acqua.
Al ritorno, egli avrebbe lasciato la testimonianza scritta della sua impresa soltanto nelle annotazioni che tuttora sono gelosamente custodite e segrete. Fino a quale punto tutto ciò appartenesse alla realtà ed alla leggenda non ci fu possibile scoprire, tuttavia facemmo leva su questi due fatti per proseguire le ricerche all'Abisso dei Serpenti.
Nei giorni 30 e 31 ottobre 1971 ritornammo a Divaccia, gli speleologi jugoslavi e noi, dividendoci il lavoro. Una parte alla ricerca ostinata della Galleria Ascendente ed una parte alla ricerca di eventuali sviluppi della cavità.
I risultati, per quanto concerne la Galleria Prez, furono sconcertanti: non fu assolutamente ritrovata nonostante i vari tentativi compiuti sia nel punto indicato dal rilievo, sia — nel caso ci fosse stato un qualche errore nelle misurazioni — nei camini adiacenti. Assolutamente nessuna traccia.
Tuttavia fu proprio nel corso di questa spedizione che l'Abisso dei Serpenti assunse una maggiore importanza e, nel contempo, propose un ulteriore problema.
Nell'ultima parte del ramo Sud-Ovest fu rinvenuto il Proteus Anguineus. Questa ultima sala ha il pavimento ricoperto di argilla il quale converge in lieve discesa verso la parte terminale. Qui c'è una pozza d'acqua che da un lato si addossa alla parete di roccia e dall'altro riceve tre rigagnoli d'acqua che sgorgano dalla parete opposta; essi incidono il pavimento di argilla per una profondità di circa dieci centimetri e si immettono nella pozza che deve avere ovviamente qualche spandimento nascosto se si considera che il suo livello è costante. Il problema riguardante tale spandimento di «troppo pieno» non è stato ancora preso in considerazione per mancanza di tempo riservandoci di rivolgere una particolare attenzione nel prosieguo delle prossime esplorazioni.
In uno di questi rigagnoli il socio Vivian notò un giovane esemplare di Proteo risalire velocemente la debole corrente e scomparire nella fessura della roccia. Pensammo si trattasse di qualche altro animale soprattutto perché è nota la presenza di protei nelle acque della Piuca che scorrono nei meandri delle Grotte di Postumia, ma che si trovasse il proteo su questo versante e nella zona interessata idrologicamente dal Timavo era fatto mai accaduto prima e veramente sorprendente.
La presenza del Proteo nell'Abisso dei Serpenti, considerata in un primo tempo quale abbaglio ed errore, fu invece confermata nel corso delle successive esplorazioni allorché si rinvennero altri esemplari.
Neanche nel corso dell'escursione effettuata il 5 dicembre 1971 fu possibile svelare il mistero sul mancato ritrovamento della Galleria Ascendente ma, nel contempo, l'Abisso dei Serpenti ci riservò un'altra eccitante scoperta. Al termine della Galleria principale, dove A. Hanke si era arrestato, venne individuata una nicchia ad un'altezza di circa 15-20 m. dalla quale sembrava fuoriuscisse una corrente d'aria.
Non avendo ne tempo ne materiale a disposizione decidemmo di rimandare la ricognizione alla successiva uscita. Effettivamente quanto avevamo individuato ci aveva reso comprensibilmente emozionati pur prendendo seriamente in considerazione l'eventualità di un abbaglio per quanto riguardava la corrente d'aria. Impossibilitati a stabilire chiaramente se il flusso di aria provenisse proprio dalla nicchia in alto, poteva darsi che tale fenomeno rientrasse nel normale spostamento di masse d'aria dovuto a scambiamento di calore che in determinati punti di ogni cavità sono maggiormente percepibili.
Accennammo brevemente quanto intravvisto agli speleologi di Lubiana per stabilire il programma e la data della prossima esplorazione che, inspiegabilmente, fu protratta al 14-15 ottobre 1972 con la richiesta di occuparci esclusivamente della ricerca della Galleria Prez. Accettammo di buon grado scalando ed esplorando, con l'aiuto di potenti fari, diversi camini con esito negativo.
Il motivo della richiesta ci apparve anche troppo chiaro; in questo lasso di tempo il Gruppo Speleologico di Logatec (Longatico) aveva forzato proprio quel passaggio che fino a quel momento aveva reso vano ogni tentativo di prosecuzione nel ramo Est. Il resoconto delle esplorazioni effettuate apparve il 21 marzo 1973 nella quarta pagina del «Primorski Dnevnik» con la firma di Ivan Kenda, dell'Istituto di Ricerche Carsiche di Postumia, e due giorni dopo, il 23 marzo, un secondo articolo concludeva la recensione. Per puro caso venimmo a conoscenza degli articoli in quanto gli stessi furono pubblicati esclusivamente sul giornale edito per la minoranza slovena di Trieste. Fu amaro per il nostro sodalizio accettare la realtà e riscontrare nella recensione l'assoluta mancanza di etica — o di «fair play» come si usa dire oggi — dell'autore. Infatti l'articolo, pur così dovizioso di particolari sulle esplorazioni di quasi un secolo addietro, lamentava un vuoto di memoria per quanto concerneva la nostra recentissima presenza e le ricerche da noi, svolte per quasi due anni all'Abisso dei Serpenti.
Al di là di quel passaggio che avevamo intravvisto e che ci era stato burocraticamente precluso, l'Abisso dei Serpenti scioglieva finalmente il suo mistero all'esploratore presentandogli il corso del Timavo ipogeo; quel corso che finora ci era apparso soltanto come l'onda di piena ma mai nella sua completezza; quel corso che gli Hanke, Marinitsch ed altri, per includere anche noi, avevano caparbiamente cercato con convinzione giungendo, chi per una via chi per un'altra, a sfiorare la meta.
Ritornammo all'Abisso dei Serpenti appena verso la fine del 1974, a seguito dell'accordo di collaborazione stipulato con l'Associazione Speleologica Slovena, intenzionati a concludere il nostro programma di ricerche.
Nel mese di ottobre preparammo le attrezzature ed i materiali per la spedizione che ebbe luogo nei giorni 1/2/3/4 Novembre. In questi quattro giorni una squadra diretta da Edy Clemente attaccava la parete del penultimo camino inesplorato nel ramo est mentre l'altra squadra, poco distante, scopriva e rivelava una cavernetta con uno sviluppo di m. 10, un altro piccolo camino di 20 metri ed ancora un altro camino con un pozzetto interno di m. 15.
Il camino esplorato dalla prima squadra non rivelava alcun interesse. Nei giorni 4/5/6 gennaio 1975 decidemmo di dedicare l'attenzione e la nostra speranza di ritrovare la Galleria Prez all'enorme camino che si innalza sulla volta della galleria principale.
Anche in questa occasione operavano le due squadre interne composte da due uomini ciascuna; mentre gli scalatori, dopo aver scelto la via, attaccavano la parete della galleria principale, la seconda squadra scattava fotografie ed effettuava prelievi di campionature e dati termometrici.
All'esterno si seguiva per via telefonica il procedere della scalata. A 25 metri dal piano della galleria principale la roccia appariva ricoperta da uno strato sempre più spesso di argilla rendendo estremamente arduo il procedere mentre i chiodi cominciavano a dare scarso affidamento. In questa circostanza, in un susseguirsi di momenti drammatici, rasentammo la tragedia. Ad una altezza di 35 metri dal piano della galleria principale, sul socio E. Clemente, che apriva la via, si abbattè una modesta frana di argilla mista a pietrisco sufficiente a fargli mancare l'appiglio. Nella caduta tre chiodi non tennero e saltarono via; soltanto la rapidità di riflessi e la tempestività dell'azione da parte del compagno di arrampicata, il compianto socio E. Vascotto, riuscirono a rallentare e concludere il volo senza danni rilevanti.
Considerando l'impossibilità a proseguire per questa via, venne deciso di spostare il punto di attacco e di tracciare una nuova via, anche se più lunga, per raggiungere la larga rientranza che si intravvedeva ad un'altezza considerevole all'interno del camino sopra la volta della galleria. Per portare a compimento questa operazione impiegammo sei uscite: 15/16 marzo, 22/23 marzo, 13 aprile, 24/25 maggio, 9/10 agosto, 15/16/17 agosto 1975.
Nel corso di queste esplorazioni si raggiunse la nicchia situata ad una altezza di circa 70 metri dal suolo dopo aver superato tre tetti nel punto in cui la volta della galleria si congiunge con il camino.
È superfluo aggiungere che l'operazione venne svolta al limite delle possibilità e dei margini di sicurezza personale sia per le particolari condizioni ambientali, sia per la roccia scivolosa e friabile. Il risultato fu deludente: la larga nicchia non consentiva alcuna prosecuzione e cadeva così l'ultima possibilità di ritrovare la famosa galleria ascendente che Cesare Prez, nel 1934, asseriva di aver esplorato e rilevato.
L'ultima volta che ci recammo nuovamente all'Abisso dei Serpenti fu nei giorni 6/7/8 dicembre 1975. Si doveva recuperare tutto il materiale lasciato ad un bivacco della Galleria Principale, schiodare la via che portava alla nicchia del grande camino e dare uno sguardo a tutta la cavità per l'ultima volta a completamento delle nostre ricerche.
Per evitare inutile dispendio di energie e di tempo prezioso decidemmo, a metà lavoro, di lasciar chiodato ciò che restava della via per dedicarci piuttosto al laborioso recupero di tutto il materiale che, secondo le precedenti esperienze, ci avrebbe impegnato maggiormente.
Non appena esaurito il lavoro alla base del pozzo d'entrata la prima squadra con equipaggiamento subacqueo si dirigeva verso il ramo ovest (Galleria secondaria) con l'intento di sondare se la roccia, che si immerge nel laghetto dove si era trovato il Proteo, consentisse qualche passaggio.
Fummo invece sorpresi dalle dimensioni che aveva assunto il laghetto; il livello era salito considerevolmente e l'acqua oltremodo torbida non consentiva al subacqueo una visibilità sufficiente.
Mentre si svolgevano queste operazioni un'altra squadra si recava nella parte nuova della cavità per assumere dati termometrici sia dell'acqua che dell'aria, prelevare campioni di roccia, effettuare misurazioni e predisporre una esauriente documentazione fotografica.
Ci fu finalmente l'incontro con il Timavo ipogeo. Fummo soddisfatti di trovarci a quell'appuntamento anche se l'aria della galleria era resa maleodorante dall'acqua inquinata del fiume, anche se le rocce e i massi erano resi scivolosi dalle sostanze inquinanti. Acqua schiumosa e palle di schiuma in bilico sui massi e su concrezioni calcaree erano in netto contrasto con lo scenario circostante che per noi speleologi è solitamente e fortunatamente incontaminato.
Ci colpì anche lo sviluppo della cavità che ora raggiunge i 5 km. e sembra che abbia ancora altre diramazioni tali da giungere forse ad appena qualche centinaio di metri dai meandri di San Canziano.
Riteniamo verosimile l'idea che possa ormai esserci un punto di contatto tra le due cavità. Sulla scorta dei dati delle recenti scoperte, acquistano maggior merito le felici intuizioni di Hanke e del Marinitsch i quali, basandosi soltanto sulle tracce lasciate dalle acque di rigurgito nella Caverna Discendente, stimarono che il corso sotterraneo si trovasse una quarantina di metri al di sotto di questo punto.
In effetti il Timavo scorre alla quota di 88 metri s.l.m. e la profondità attuale dell'Abisso dei Serpenti passa da m. 304 a m. 357.
Il lato forse più assurdo di tutte le ultime esplorazioni effettuate alla Kačna Jama con lo Jamarski Klub Ljubijana – Malica fu l'improvvisa ed autoritaria presa di posizione da parte dell'Istituto di Ricerche Carsiche di Postumia il quale, prevaricando decisamente l'azione dei colleghi di Lubiana e la nostra collaborazione, arrogò a sé ed al Gruppo Speleologico di Logatec, il diritto di continuare in esclusiva le esplorazioni della cavità, disconoscendo quanto noi avevamo svolto al punto da non menzionare nell'articolo sul Primorski Dnevnik ne il nome dello Jamarski Klub Ljubijana – Matica ne quello del Gruppo Speleologico di Trieste; non fosse altro che per un cenno di riconoscimento ai nostri sforzi comuni.
Lasciando quindi a chi di pertinenza il prosieguo dei lavori, vorremmo ora riesaminare quanto da noi svolto e portato a termine sulla base degli scopi e dei programmi prefissici che non si limitavano alla pura esplorazione ma, e soprattutto, alla raccolta del maggior numero possibile di dati per una conoscenza più dettagliata di questa interessante cavità.

Bibliografia
BOEGAN E. – II Timavo – Memoria II Ist. Ital. Speleol. 1938.
D'AMBROSI C. – Cenni sulla cronistoria delle ricerche speleologiche e geoidrologiche relative al Carso di Trieste. – Estratto da Atti del IX Congresso Nazionale di Speleologia – Trieste 1963.
D'AMBROSI C. – Sulle attuali vedute riguardo l'evoluzione del Carso di Trieste propriamente detto, dopo la genesi della superficie di spianamento cattiano-langhiana. – Estratto da Atti e Memorie della Comm. Grotte «E. Boegan» Voi. X Trieste 1971.
MARUSSI A. – Ipotesi sullo sviluppo de! Carsismo – Estratto da Giornale di Geologia – Serie II, Voi. XV, 1941.
MAKUSSI A. – II Paleotimavo e l'antica idrografia subaerea del Carso Triestino – Estratto da:
Boll. della Soc. Adr. Scienze Naturali – Voi. XXXVIII, 1941.
MARUSSI A. – Correlazione fra carsismo epigeo ed ipogeo – Estratto da Atti del Convegno sul problema delle Acque in Italia – Ottobre 1965.
MOSETTI F. – I nuovi metodi di studio delle acque sotterranee -. Estratto da Atti e Memorie della Comm. Grotte «E. Boegan» – III Trieste 1963.
MARINITSCH M. J. – Kačna Jama – Ed. Spelunca – Paris.
TARABOCCHIA G. – Contributo sulla migliore conoscenza del corso ipogeo del Timavo alla luce delle recenti scoperte nell'Abisso dei Serpenti. – Estratto da Atti del P Conv. Speleol. del Friuli-Venezia Giulia – Trieste – 8/9 dicembre 1973.
TIMEUS G. – Le indagini sull'origine delle acque sotterranee con metodi fisici, chimici e biologici – Trieste, 1924.  TIMEUS G. – Studi in relazione al provvedimento d'acqua per la città di Trieste – Trieste 1910.



Illustrazioni



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Gianfranco De Grassi

PRIMI RISULTATI FISICO-CHIMICI E MISURAZIONI TERMOMETRICHE (1971)

Premessa

Questi primi risultati analitici vanno inquadrati sotto l'aspetto più vasto e generale di una possibile comunicazione idrologica tra le grotte di San Canziano e l'Abisso dei Serpenti (o Kačna Jama).
Diversi autori infatti prospettano tale ipotesi, sia per la posizione geografica dell'abisso sia per il rapporto diretto in tempo di piena, fra i fenomeni idrologici a San Canziano e quelli rilevabili nell'Abisso dei Serpenti.
Le prime ricerche in questo abisso furono eseguite da M.J. Marinitsch e colleghi negli anni 1893-1896 ma, data la scarsità dei mezzi di indagine di allora, gli unici dati pervenuti sono quelli relativi ad alcuni valori termometrici.
Altre ricerche di carattere qualitativo furono poi eseguite dal Timeus nel 1910 ma anche in questo caso i dati pervenuti sono di ben poco aiuto, sia perché rilevati in periodi troppo diversi sia perché mancanti di alcuni tipi di determinazioni oggi ritenuti indispensabili.
Il lavoro qui iniziato dal Gruppo Speleologico San Giusto si basa principalmente su di una serie di analisi geoidrologiche e geochimiche della cavità onde poter calcolare, dopo un numero sufficientemente vasto di dati, la possibile relazione esistente fra l'idrologia di San Canziano e quella dell'Abisso dei Serpenti.
D'all'analisi dei campioni prelevati in questa prima spedizione (21-24 maggio 1971) è stato possibile ricavare solamente dei dati orientativi su quello che sarà poi il lavoro completo.
I reperti idrologici, pur mancanti di dati importanti, quali l'analisi dei gas contenuti nelle acque — in modo particolare O2 e CO2 — e di altre determinazioni, possono ad ogni buon conto ritenersi sufficientemente validi come analisi di base per le future esplorazioni.
Tra i dati mancanti fa spicco la determinazione dell'azione catalitica delle acque raccolte che, se eseguita con precisione, può essere considerata come uno dei metodi più pratici per individuare l'appartenenza di acque ad uno stesso sistema idrologico.
Questo metodo, scoperto da Glénard nel 1921 nello studio di alcune acque minerali, si basa sulla decomposizione — in funzione del tempo — della H2O2 da parte di alcuni tipi di acque, fra cui quelle carsiche.
La misura del potere catalitico di un'acqua viene indicata quindi alla velocità di decomposizione dell'acqua ossigenata ed essendo questa una reazione cinetica di primo ordine avremo:

    l     a
K = – lg —
    t    a-x
in cui t è il tempo di osservazione dall'inizio della reazione, a è la quantità iniziale di acqua ossigenata e a – x la quantità di acqua ossigenata presente al tempo t.
La reazione H202 ——— H2O + 1/2 02 viene catalizzata soprattutto dagli ioni Fe++ e Mn++ che, in tracce o in quantità notevoli, possono essere presenti nell'acqua. Devono inoltre essere del tutto assenti gli ioni Cn- e PO4— perché inibiscono la reazione per avvelenamento dei catalizzatori. Per le acque carsiche il metodo da dei buoni risultati avendo queste, come agente catalizzante, lo ione Fe++; per ogni campione di acqua si otterrà così una curva caratteristica e confrontabile del tipo cc. O2 svil. = f(t).
RISULTATI DELLE ANALISI
In totale sono stati determinati analiticamente sei reperti di acque, sette di argilla e due di sabbia.
La numerazione dei campioni è riferita ai punti precedentemente stabiliti sul rilievo.
Qui di seguito riportiamo le tabelle relative alle varie analisi.

ACQUA

Campione «A»
Temperatura esterna                          5.0° C
Temperatura                                  4.8° C

Caratteri generali

Aspetto           Limpido
Colore            Incolore
Reazione          Alcalina
Fenom. Tyndall    Positivo

Valutazioni chimiche diverse
Residuo fisso a 110° C                       0.312 g/litro
O2 cons. in sol. acida (Kubel)               0.0036 g/litro
Alcalinità                                   31 cc. HCl N/10 per litro
Ammoniaca                                    Tracce

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                      1.001
Attività ioni idrogenici (pH)                7.5
Conducibilità elett. spec. in mho            0.000423 K18
Durezza totale                               9.40 gradi tedeschi

Risultati analitici
Calcio       Ca++        6.067       1.675      3.350
Ferroso      Fe++        0.003       0.072      0.144
Idrocarb.    HCO3-       0.198       3.246                  3.246
Solfato      SO4–       0.012       0.121                  0.242
                                                3.494       3.488
Silice       SiO2        0.008  
Sost. org.               0.014

ACQUA

Campione «19 A»
Temperatura esterna                          non rilevata
Temperatura                                  non rilevata

Caratteri generali
Aspetto           Limpido
Colore            Incolore
Reazione          Alcalina
Fenom. Tyndall    Positivo

Valutazioni chimiche diverse
Residuo fisso a 110° C                       0.284 g/litro
0; cons. in sol. acida (Kubel)               0.0054 g litro
Alcalinità                                   30 cc. HCl N/10 per litro
Ammoniaca                                    Tracce

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                      1.000
Attività ioni idrogenici (pH)                7.7
Conducibilità elett. spec. in mho            0.000379 K18
Durezza totale                               9.05 gradi tedeschi

Risultati analitici
Calcio            Ca++      0.064      1.600      3.200
Ferroso           Fe++      0.002      0.036      0.072
Idrocarb.         HCO3-     0.188      3.082                3.082
Solfato           S04–     0.009      0.094                0.188
                                                  3.272     3.270
Silice            SiO2      Tracce
Sost. org.                  0.020

ACQUA

Campione «16 A»
Temperatura esterna                          7.0° C
Temperatura                                  5.8° C

Caratteri generali
Aspetto           Limpido
Colore            Incolore
Reazione          Alcalina
Fenom. Tyndall    Positivo

Valutazioni chimiche diverse
0.281 g/litro                         Residuo fisso a 110° C
0.0040 g/litro                        O2 cons. in sol. acida (Kubel)
31 cc. HC1 N/10 per litro             Alcalinità
Tracce                                Ammoniaca

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                      1.000
Attività ioni idrogenici (pH)                7.5
Conducibilità elett. spec. in mho            0.000374 K18
Durezza totale                               8.20 gradi tedeschi

Risultati analitici
Calcio            Ca++       0.059      1.475      2.950
Ferroso           Fe++       0.008      0.143      0.286
Idrocarb.         HCO3-      0.188      3.082                3.082
Solfato           SO4–      0.007      0.078                0.156
                                                   3.236     3.238
Silice            SiO2       Tracce
Sost. org.                   0.016

ACQUA

Campione «4 B»
Temperatura esterna                           9.0° C
Temperatura                                   non rilevata

Caratteri generali
Aspetto           Limpido
Colore            Incolore
Reazione          Alcalina
Fenom. Tyndall    Positivo

Valutazioni chimiche diverse
Residuo fisso a 110°C                         0.306 g/litro
O2 cons. in sol. acida (Kubel)                0.0044 g/litro
Alcalinità                                    30 cc. HCl N/10 per litro
Ammoniaca                                     Tracce

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                       1.001
Attività ioni idrogenici (pH)                 7.6
Conducibilità elett. spec. in mho             0.000408 K18
Durezza totale                                9.80 gradi tedeschi

Risultati analitici

Calcio             Ca++      0.070      1.754      3.508
Ferroso            Fe++      0.002      0.036      0.072
Idrocarb.          HCO3-     0.202      3.328                 3.328
Solfato            SO4–     0.011      0.121                 0.242
                                                   3.580      3.570
Silice             SiO2      Tracce
Sost. org.                   0.017

ACQUA

Campione «7 B»
Temperatura esterna                           9.0° C
Temperatura                                  10.4° C

Caratteri generali
Aspetto            Limpido
Colore             Incolore
Reazione           Alcalina
Fenom. Tyndall     Positivo

Valutazoni chimiche diverse
Residuo fisso a 110° C                       0.290 g/litro
O2 cons. in sol. acida (Kubel)               0.0040 g/litro
Alcalinità                                   32.5 HCl N/10 per litro
Ammoniaca                                    Tracce evidenti

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                      1.001
Attività ioni idrogenici (pH)                7.5
Conduci bilità elett. spec. in mho           0.000386 K18
Durezza totale                               9.00 gradi tedeschi

Risultati analitici

Calcio           Ca++       0.063      1.575      3.150
Ferroso          Fe++       0.006      0.108      0.216
Idrocarb.        HCO3-      0.185      3.082                  0.278
                                                  3.366       3.360
Solfato          SO4–      0.006
Silice           SiO2       0.016
Sost. org.                  Tracce  

ACQUA

Campione «16B»
Temperatura esterna                          10.0° C
Temperatura                                  10.2° C

Caratteri generali
Aspetto            Limpido
Colore             Incolore
Reazione           Alcalina
Fenom. Tyndall     Positivo

Valutazioni chimiche diverse
Residuo fiss o a 110° C                      0.239 g/litro
O2 cons. in sol. acida (Kubel)               0.0038 g/litro
Alcalinità                                   27.5 cc. HCl N/10 per litro
Ammoniaca                                    Tracce

Determinazioni chimico-fisiche
Densità                                      0.999
Attività ioni idrogenici (pH)                7.5
Conducibilità elett. spec. in mho            0.000317 K18
Durezza totale                               7.40 gradi tedeschi

Risultati analitici
Calcio           Ca++       0.053      1.325       2.650
Ferroso          Fe–       0.004      0.072       0.144
Idrocarb.        HCO3-      0.154      2.424                   2.525
Solfato          SO4–      0.013      0.135                   0.270
                                                   2.794       2.795
Silice           SiO2       0.014
Sost. org.                  Tracce

ARGILLA

Campione   Acqua igr.    SiO2    Al2O3     CaO    CO2    Fe2O3
A             28.54     30.20    25.31    8.12   6.39     1.43
5A            22.82     32.69    28.90    7.68   6.04     1.86
9A            25.80     33.22    27.00    7.54   5.94     1.50
22A           28.27     30.58    25.42    8.37   6.58     0.77
B             36.55     27.42    22.80    6.82   5.33     1.07
5/4B          23.00     33.62    27.95    8.04   6.30     1.08
6B            26.58     31.26    25.80    8.20   6.42     1.73

SABBIA

Campione   Acqua igr.     CaO      CO2     Fe2O3
7A             6.41      1.57     1.23      1.04        Tracce
16A           12.18      1.68     1.32      0.96        Tracce

Nella rappresentazione dei risultati analitici delle acque, la prima colonna indica il nome dello ione trovato, la seconda il suo simbolo chimico in forma ionica, la terza indica la concentrazione dello ione in grammi litro, la quarta.indica il numero di millimoli e la quinta e sesta colonna indicano il numero di milliequivalenti rispettivamente cationici ed anionici.
Per quanto riguarda invece l'analisi di argilla e sabbia, i numeri incolonnati rappresentano le percentuali sul campione integro.
Differenze dei valori di pH e di durezza fra le acque contenenti CO2 libera e le stesse mancanti di tale gas.
A causa della non perfetta raccolta dei campioni, si sono avuti dei valori diversi fra il pH misurato all'atto del prelievo e quello misurato poi in laboratorio. Ciò perché al prelievo l'acqua conteneva ancora la CO2 come gas disciolto, mentre gli esami di laboratorio, fatti quattro giorni dopo la raccolta, non davano nessun valore apprezzabile di CO2 libera. Come è noto infatti, la CO2 libera contenuta in un'acqua, specie se in quantità rilevanti (come nelle acque di grotta), fa aumentare la concentrazione di idrogenionica dell'acqua stessa.
La CO2 contenuta in un'acqua può provenire o da una soluzione diretta di CO2 gassosa oppure per decomposizione dei bicarbonati disciolti nell'acqua. La reazione in forma ionica è in questo caso:

2 HCO3- —- CO3– + H2O + CO2 (1)

e più schematicamente, nel caso dell'acido carbonico avremo:

HCO3- === C2CO3 === H+ + HCO3- (2)

HCO3- H+ + CO3– (3)

Applicando la legge di azione e di massa alle equazioni (2) e (3) sarà:

     H+  C03- –
K1 = ————————                                        (4)
     H2  C03


K2 = ————————                                        (5)
      H2C03

Moltiplicando ora la (4) e la (5) otteniamo:

        H+2 CO3
K1 K2 = ————————                                      (6)
         H2C03

La (6) dimostra come, abbassando la concentrazione di CO2 all'equilibrio, verrà abbassata anche la concentrazione di ioni H+ che in pratica vuoi dire aumento di unità pH.
Cineticamente, la decomposizione dei bicarbonati secondo la (1) appartiene alle reazioni di secondo ordine per cui la velocità di reazione sarà proporzionale al quadrato della quantità di HCO3- presente all'istante t. Teoricamente, in casi di acque carsiche, per la (1) si dovrebbe registrare anche un precipitato di CaCO3 in seno alla soluzione, ma una situazione del genere si verifica appena dopo un periodo piuttosto lungo di tempo ed a volte non si verifica affatto poiché anche la temperatura influisce sul sistema in equilibrio.
Quanto esposto sopra serve a chiarire i diversi risultati ottenuti nelle misure del pH.

Campione              PH al prelievo              pH all'analisi
19 A                   non rilevato                     7.5
16A                        6.5                          7.5
A                      non rilevato                     7.7
4B                         7.0                          7.6
7B                         7.0                          7.5
16B                        7.0                          7.5

Lo stesso discorso vale anche per le determinazioni della durezza totale fatte in laboratorio. Infatti una conferma di quanto esposto sopra si è avuta sul campione 19 A in cui la determinazione di durezza fatta in laboratorio 14 giorni dopo il prelievo – e quindi 10 giorni dopo le analisi – ha dato un risultato di 8.00 gradi tedeschi, con una perdita dell’11%.
Tabulando tali dati con la cinetica della (1), con buona approssimazione si può dire che la durezza totale dell'acqua alla raccolta era di circa 0.5 gradi tedeschi superiore ai dati ottenuti in laboratorio.

PRIME CONCLUSIONI

Come detto precedentemente, i dati raccolti nel corso di questa spedizione sono puramente orientativi e potranno servire come dati di confronto con quelli che verranno raccolti in seguito.
Per ora possiamo riassumere quanto segue:

Acqua

– la quantità piuttosto elevata di sostanze organiche presenti in soluzione potrebbe far presupporre un inquinamento delle acque dell'Abisso;
– interessante – a tale proposito – la presenza di tracce di ammoniaca. Alcuni Autori (Grunhut, Klut, ecc.) affermano però che l'ammoniaca nelle acque può anche essere generata dalla riduzione dei nitrati, mentre con la decomposizione di sostanze organiche azotate avviene il processo inverso,
– l'unico campione che ha dato contemporaneamente presenza di ammoniaca e di nitrati è stato il «7B». Ad ogni buon conto – per fugare ogni dubbio – sarà opportuna un'analisi batteriologica dei campioni di prossima raccolta.

Argilla

– la quantità di acqua igroscopica nei campioni è da mettere in relazione con l'igrometria della grotta.

Sabbia

– pur con dati incompleti – i campioni sono indubbiamente di origine arenacea, dato il basso contenuto calcareo.

Punti   Temperatura acqua    Acidità   Temperatura aria  Prelievi
23                                            5°
22                                                        ARGILLA
19                                                        ACQUA
16           5.8°              6.5                        ACQUA, SABBIA
15           7.2°              6.5                        ACQUA
9                                             8°          ARGILLA
7                                                         SABBIA
6                                             8.5°
5                                                         ARGILLA
1                                                         INSETTI
4                              7.0                        ACQUA, ARGILLA
5           10.4°              6.5            9°          ACQUA, ARGILLA
6                                                         ARGILLA
7           10.4°              7.0                        ACQUA
8           10.8°              6.5                        ACQUA
16          10.2°              7.0           10°          ACQUA, ARGILLA

MISURAZIONI TERMOMETRICHE

Aria

Dai diagrammi delle temperature dell'aria registrate nel corso di questa esplorazione, avvenuta nel mese di maggio e relative pertanto a questo periodo, risulta evidentissimo il calo improvviso del mercurio su valori molto bassi (circa 4°) alla quota -120 mt.
Considerando che sia sul fondo del pozzo sia nelle gallerie la temperatura tende a normalizzarsi su valori più alti (circa 8°) e che alla quota ~40 mt. la differenza con l'esterno è dell'ordine di qualche grado, è probabile che in quel punto le cause siano da ricercarsi nel raffreddamento di un notevole flusso di aria dovuto all'evaporazione dato che – in estate – l'aria calda è più leggera.
Le temperature medie rilevate in questa occasione non si scostano da quelle rilevate nel 1895. La nostra tabella indica le seguenti temperature medie:

Divaccia                     + 20°
– 40                         + 18.7°
– 120                        +  4.3° 20/21/22/23 maggio 1971
– 220                        +  5.1°

Riprendendo il fenomeno summenzionato in modo inverso, applicandolo cioè per il periodo invernale, si constata che ad una notevole escursione termica esterna (+ 24°/-2°) se ne contrappone una scarsa interna (+ 5.2°/+ 2.4°) sul fondo. Sicché, da tutti i dati registrati, la temperatura media annua interna alla base del pozzo, risulta di circa 4,6°.
Acqua
È interessante inoltre notare l'analogo andamento delle temperature rilevate nelle pozze d'acqua trovantisi nelle gallerie della cavità. Dai diagrammi risulta ancora più evidente quanto l'acqua delle pozze più vicine alla cosiddetta Sala del Duomo risenta del flusso di aria fredda. Infatti, mentre alle estremità delle gallerie ed in un punto mediano della galleria principale l'acqua ha valori oscillanti tra gli 8°/100, alla base del pozzo tale valore scende a ben 4.8°/5.2°.
È da precisare che, in questo caso, non ci è possibile fare dei confronti con dati precedenti in quanto gli stessi appaiono nella relazione del Marinitsch senza specificare però a quale periodo dell'anno erano riferiti.



Rino Semeraro

NUOVI ASPETTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI E GEOIDROLOGICI DELL'ABISSO DEI SERPENTI (SLOVENIA, JUGOSLAVIA) EMERSI DALLE CAMPAGNE ESPLORATIVE SVOLTE DAL 1971 AL 1975 (1980)

PREMESSA

Negli anni dal 1971 al 1975 il Gruppo Speleologico San Giusto di Trieste ha svolto un ciclo di campagne esplorative nell'Abisso dei Serpenti (Slovenia -Jugoslavia).
Nel corso delle esplorazioni gli speleologi rilevarono una serie di dati su alcuni degli aspetti biologici e geologici che caratterizzano questo importante complesso sotterraneo.
Il presidente del Gruppo Speleologico San Giusto, Giorgio Tarabocchia, ha voluto affidarmi l'elaborazione e la interpretazione dei dati geologici, geomorfologici e geoidrologici raccolti.
Lo scrivente ringrazia per l'incarico.
Il presente lavoro espone i dati acquisiti di maggior interesse e l'interpretazione geocarsica del fenomeno in base alle recenti conoscenze sul problema in generale.

1. – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

L'Abisso dei Serpenti si apre a quota 445 metri s.l.m., in posizione Long. 15°57'23″ Lat. 45°41'03″, circa 1 km ad Ovest dell'abitato di Divaccia (Divača), nell'ampia soglia pianeggiante dei dintorni di San Canziano (Škocjan) che tronca in senso trasversale l'asse morfologico della catena collinare del Monte Ripido (quota 593).

2. – INQUADRAMENTO GEOLOGICO

II complesso ipogeo si sviluppa nell'ambito della unità geostrutturale del Carso Triestino: un'anticlinale limitata a SW da una piega – faglia con asse SE – NW.
Questa struttura, complicata da faglie con andamento subparallelo e subnormale e pieghe secondarie, presenta in affioramento una serie stratigrafica rappresentata da termini carbonatici del Cretacico inferiore e superiore, del Paleocene -Eocene, e dal Flysch eocenico.

3. – INQUADRAMENTO IDROLOGICO

Una parte dei rami inferiori della grotta, alla quota media di 90-100 metri s.l.m., sono percorsi da un corso d'acqua perenne di cui non si conoscono le portate reali (G. Tarabocchia 1975).
Da stime fatte dagli speleologi in periodo autunnale sono state calcolate portate attorno lo 0,5 m3/sec. Le piene sono ipotizzabili in centinaia di m3/sec.
Durante le piene del sistema idrico del Carso Triestino le acque sotterranee della zona di Divaccia si innalzano, raggiungendo la quota di 141 metri s.l.m. A questa quota si trova il livello dei rami superiori della grotta, idrologicamente inattivi, che in tali eventi vengono temporaneamente invasi dalle acque in risalita. I dati idrometrici riportati si riferiscono a misure effettuate nel corso di esplorazioni speleologiche, quindi non si tratta di valori assoluti o mediati (M. J. Marinitsch 1896; F. Muller 1900).
La provenienza di queste acque non è mai stata accertata attraverso marcature dei corsi d'acqua superficiali (G. Timeus 1928).
Nei rami inferiori della grotta sono stati rinvenuti grandi tronchi d'alberi trasportati dalle piene. Il corso d'acqua perenne è normalmente caratterizzato da schiume nauseabonde.
Ciò fa ritenere che queste acque, o parte di esse, siano quelle del Timavo superiore che viene inghiottito dalla vicina Grotta di San Canziano (Škocjanske Jame): i grossi tronchi sarebbero stati trasportati dalle piene del Timavo (E. Boegan 1938), le schiume nauseabonde deriverebbero dall'inquinamento del fiume (G. Fazio & F. Gemiti 1975).
L'interpretazione è avvalorata dalla brevissima distanza esistente tra il sifone terminale del Timavo ipogeo nella Grotta di San Canziano (Lago Morto) ed il sifone d'entrata del fiume sul fondo dell'Abisso dei Serpenti: circa 2 km in linea d'aria, e si basa su considerazioni obiettive dei dati esistenti (I. Kenda 1975; I. Kenda & P. Janco 1974; F. Šušteršič 1972). Inoltre, in un'ampia zona circostante non esistono altri corsi d'acqua con elevate portate che vengano inghiottiti nel sottosuolo; altri grandi inghiottitoi carsici attivi sono presenti solamente molto più a NE ed idrologicamente appartengono al bacino della Ljubijanica (R. Gospodarič & P. Habič eds. 1976).
Va ricordata ancora l'ipotesi, non accertata, di una comunicazione tra le acque dell'Abisso dei Serpenti e quelle di un inghiottitoio di un corso d'acqua nella zona di Cruscevie, circa 18 km a NE (I. Gams 1965). Questa ipotesi è però difficilmente accettabile su basi geologiche e geoidrologiche.

4. – MORFOLOGIA

L'accesso dell'Abisso dei Serpenti è un pozzo profondo 213 m. Dal fondo del pozzo si diparte un sistema di gallerie idrologicamente inattive per circa 1,5 km su una quota media compresa tra 195-245 metri s.l.m., di cui il tratto principale si sviluppa orizzontalmente su una quota costante di 225 s.l.m.
Nella parte terminale del ramo NE (ramo Hanke) un passaggio in parete conduce ad una serie di pozzi e gallerie che raggiungono la parte più profonda della grotta, che è idrologicamente attiva.
Questa parte è rappresentata da un sistema di gallerie con pochissima pendenza. Uno dei rami ospita un corso d'acqua perenne, un altro ramo è invece caratterizzato da una serie di grandi laghi. Tutto questo sistema di gallerie affluenti e defluenti tuttora inesplorate, si sviluppa alla quota media di 90-100 metri s.l.m., ed ha un'estensione – allo stato attuale delle esplorazioni – di circa 4 km.
Complessivamente, l'Abisso dei Serpenti raggiunge ora la profondità di 357 m (quota 88 metri s.l.m.) e lo sviluppo di circa 5,5 km.

5. – ELEMENTI GEOSTRUTTURALI

Nel corso delle esplorazioni è stata eseguita una campionatura, a ritmo piuttosto ampio, delle rocce attraversate dal complesso ipogeo. Sono stati anche rilevati elementi tettonici aventi diretto, rapporto con il carsismo.
Dallo studio dei campioni è risultato che la grotta si sviluppa in una successione stratigrafica regolare, rappresentata da un complesso roccioso carbonatico che inizia, dal basso in alto, con litotipi dolomitici passando poi a litotipi francamente calcarei.
I primi litotipi interessano il sistema di gallerie posto alla quota media di 90-100 metri s.l.m. e sono rappresentati da rocce dolomitiche metasomatiche, più o meno compatte, grigiastre. I secondi litotipi interessano invece il sistema di gallerie alla quota media di 195-245 metri s.l.m., fino poi la superficie, e sono rappresentati da calcari da abbastanza compatti a compatti, generalmente grigi, più o meno ricchi di resti organici.
Questa successione è compresa, nella suddivisione cronostratigrafica per unità litostratigrafiche formazionali non formali, nel Cretacico superiore della serie stratigrafica del Carso Triestino (F. Forti & M. Masoli 1969). I litotipi corrispondono al «Complesso dolomitico» cenomaniano (F. Ulcigrai 1969) ed alle Formazioni calcaree stratigraficamente superiori (F. Forti & T. Tommasini 1967) ascrivibili al Cenomaniano e Turoniano.
Il ritmo piuttosto ampio della campionatura non ha permesso di distinguere il passaggio tra il «Complesso dolomitico» e le Formazioni calcaree: esso dovrebbe però trovarsi nell'intervallo roccioso tra il sistema dei rami inferiori e quello dei rami superiori della grotta.
Strutturalmente tutto il complesso ipogeo risulta impostato in massima parte su grandi fratture.
La geometria del reticolo di cavità, che è in funzione dell'assetto spaziale dei sistemi di piani di discontinuità della roccia, dimostra direzioni preferenziali – legate a tratti isorientati percentualmente maggiori – che definiscono le canalizzazioni ipogee come il risultato di un processo anisotropo di incarsimento nel contesto dello schema deformativo locale.
L'analisi statistica della geometria del reticolo, condotta separatamente per le canalizzazioni dei sistemi superiore ed inferiore della grotta, ha dato i seguenti risultati: il sistema superiore – alla quota 195-245 -risulta impostato sugli orientamenti principali NNE-SSW, SSE-NNW, e secondario ESE-WNW. Il sistema inferiore – alla quota 90-100 – risulta impostato sull'orientamento principale NNE-SSW e subordinato ENE-WSW, e secondari E-W, ESE-WNW, SSE-NNW.
Da più misure effettuate lungo tutto il complesso ipogeo gli strati in profondità sono orientali secondo direzioni comprese tra ESE-WNW e SE-NW con inclinazioni di 5°-15° verso SSW e SW. Queste giaciture trovano conferma nell'assetto tettonico di superficie.
I piani di strato risultano essere scarsamente importanti nel contesto morfo-tettonico.

6. – ELEMENTI GEOMORFOLOGICI

L'Abisso dei Serpenti è caratterizzato da aspetti geomorfologici estremamente diversificati. Ciò è essenzialmente dovuto a due fattori: alle tracce di più «fasi» carsiche che si sono succedute anche ciclicamente, all'attuale presenza di due zone idrogeologicamente nettamente differenziate.
Le gallerie possono essere del tipo singenetico, a volte paragenetico, più spesso si tratta di forre o galleria con sezioni derivate.
Nel sistema superiore prevalgono le grandi gallerie con sezioni derivate caratterizzate da volte meccaniche spesso in stato di decompressione con in atto un progressivo svincolamento di volumi rocciosi che danno origine ad una franosità «guidata» dall'assetto spaziale dei piani di discontinuità locali della roccia.
Tratti di gallerie paragenetiche sono confermati dai depositi sabbiosi, ed anche argillosi, associati a cupole di corrosione circolari – ovoidali, talvolta coalescenti o compenetrate per espansione del fenomeno, che interessano zone di volte e pareti di gallerie.
Alcune gallerie sono pure del tipo singenetico: in questo caso la condotta risulta in genere impostata su di un solo piano di discontinuità.
Nel sistema inferiore prevalgono invece le forre. Le morfologie, caratterizzate da un intenso processo erosivo in atto, sono anche qui molto varie: le pareti rocciose possono presentarsi levigate, come nella «Galleria dei dieci laghi» (Rov desetih jezer), o estremamente irregolari con grandi tetti e lame orizzontali, come nel «Canale di San Canziano» (Škocjanski kanal).
I pozzi possono presentare tracce di intensa erosione, come nella zona di raccordo tra i sistemi superiore ed inferiore, od essere in parte il prodotto di un'evoluzione di tipo clastico molto spinta, come avvenuto nel pozzo d'ingresso di 215 metri.
Tutto il complesso ipogeo presenta localmente notevoli depositi sedimentari: i più caratteristici sono i potenti accumuli sabbiosi dei rami superiori. Questi depositi sono caratterizzati – nelle zone sottoposte a maggior stillicidio – da piccoli crateri e pinnacoli. Le argille, in corrispondenza dei suoli suborizzontali, presentano frequentemente strutture a mud crack. Depositi di concrezione calcitica, anche di potenza metrica, sono pure presenti nei rami superiori.

7. – SCHEMA MORFOLOGICO

La grotta, definibile come «complesso ipogeo» per gli aspetti morfologici differenziati che presenta, è caratterizzata in planimetria da un andamento reticolare con tratti, isorientati.
Più specificatamente, in modello tridimensionale, questo complesso ipogeo risulta rappresentato da due sistemi di canalizzazioni pressocché orizzontali poste a quote diverse, e da un sistema subordinato di canalizzazioni verticali intersecante i precedenti con quote di sviluppo distribuite su tutta la potenza della massa rocciosa.
I sistemi di canalizzazioni carsiche, classificabili come gallerie e pozzi, sono tutti derivati da fenomeni di dissoluzione, ed eventuale successiva erosione, che hanno inizialmente agito nei piani di discontinuità della massa rocciosa. Nel corso dell'ampliamento dei piani tettonici i vuoti creatisi hanno subito notevoli fenomeni di sedimentazione, come dimostrato dai depositi prevalentemente sabbiosi presenti in gran parte delle gallerie.
In sintesi quindi il complesso ipogeo risulta originato da un acquifero stadiale che ha agito a due quote, e da un drenaggio per gravita che ha agito in zona di aerazione. L'intersezione e l'anastomosi, per espansione o cattura, delle soluzioni di continuità create ha dato continuità morfologica al complesso.

8. – IPOTESI SULLA FORMAZIONE E SVILUPPO DEL COMPLESSO IPOGEO

Sulla base dei dati raccolti e di quelli tratti dalla letteratura è possibile formulare un'ipotesi sulla formazione e sullo sviluppo dell'Abisso dei Serpenti.
L'origine del complesso ipogeo è attribuibile ad una falda in rete chimicamente aggressiva che in probabile regime epifreatico, secondo il «modello di Thrailkill», ha innescato un'attiva speleogenesi profonda (J. Thrailkill 1969) nell'intervallo roccioso del paleoacquifero compreso tra le quote medie 195-245 metri s.l.m.
La falda in rete si è insediata in un corpo roccioso calcareo discontinuo dotato di «alto potenziale carsogenetico» (F. Forti, R. Semeraro & F. Ulcigrai 1979/b) – inteso come valore scalare relativo – dove si è stabilito un reticolo di flusso (C. Louis 1974) impostato principalmente su piani subverticali Corrispondenti a sistemi di fratture orientali secondo NNE-SSW, ENE-WSW e SSE-NNW. Vettore idraulico del reticolato e dipendenza della quota non sono attualmente definibili. Il modello speleogenetico ed idraulico sono stati ricavati dall'interpretazione delle morfologie relitte singenetiche, dall'assetto tettonico-strutturale e dalla geometria delle gallerie.
Successivamente a questa fase, la falda chimicamente aggressiva migra ad una profondità maggiore: in corrispondenza della zona di passaggio stratigrafico del «Complesso dolomitico» cenomaniano con le Formazioni carcaree cretacico superiori. Ciò da origine ad una nuova «superficie» nel reticolato di flusso alla quota di 90-100 metri s.l.m. condizionata dalle rocce dolomitiche (F. Forti 1978; F. Forti, R. Semeraro & F. Ulcigrai 1979/a) dotate di «basso potenziale speleogenetico», sempre inteso come valore scalare relativo. La rete di nuovi canali corrisponde quindi al top di un acquifero con minore permeabilità e si insedia sui sistemi subverticali di fratture orientali secondo NNE-SSW ed ENE-WSW, con vettore idraulico anche qui difficilmente definibile.
Poiché la migrazione della falda non ha consentito lo sviluppo di significativi «livelli» incarsiti nell'intervallo roccioso compreso tra i due sistemi – superiore ed inferiore – di gallerie, è da supporre che ciò sia avvenuto in tempi relativamente brevi.
Tale fenomeno, allo stato attuale delle conoscenze, potrebbe essere messo in rapporto sia ad una regressione marina quaternaria, che ad una fase di sollevamento relativo dell'anticlinale nel quadro della neotettonica. E forse per quest'ultima ipotesi si potrebbe considerare come consequenziale una brusca riduzione del battente idraulico di falda per l'erosione, o anche collasso gravitativo, delle rocce flyschoidi eoceniche impermeabili (C. D'Ambrosi 1958) nella zona Sistiana-Duino. Queste rocce presumibilmente, da ricostruzione palinspastico-morfologica, sbarravano tutto il margine sud-occidentale del Carso.
La presenza, nelle grandi gallerie del sistema superiore, di potenti depositi di sabbie aventi le stesse caratteristiche mineralogiche di quelle del Timavo superiore (F. Salmoiraghi 1905), fa ritenere che questo fiume sia la causa del passaggio da sistema reticolare a dendritico del complesso carsico dell'Abisso dei Serpenti. Ciò nel significato di collettore principale della circolazione idrica in canalizzazioni radiali alla corrente maggiore. Questo schema trova credito nella disposizione generale delle gallerie minori inattive o attive: esse risultano infatti grosso modo affluenti delle grandi gallerie del Timavo ipogeo.
Successivamente a queste fasi protoevolutive nel complesso sotterraneo l'evoluzione geomorfologica è dipendenza di una serie di eventi deposizionali e di eventi dissolutivo-erosivi. Questi diversi periodi sono attribuibili alle variazioni climatiche del Quaternario (F. Forti 1974) e sono testimoniati dalle morfologie paragenetiche (F. Forti & R. Semeraro 1979) e dai depositi di riempimento.
Lo schema proposto trova rispondenza nella presenza di quattro terrazzi fluviali quaternari nella Valle di Vreme (Vremski) percorsa dal Timavo superiore a pochi chilometri da San Canziano (D. Radinja 1967) : essi testimonierebbero periodi di forte alluvionamento del bacino collegabili col ghiacciaio pleistocenico del Monte Nevoso (Snežnik) (quota 1796). Questi terrazzi fluviali dimostrerebbero pure l'alluvionamento della Grotta di San Canziano, quindi consequenzialmente un forte trasporto solido nell'area carsica.
Attualmente, in fase di cosiddetto «carso maturo», tutta la zona di aerazione fino a circa 90 metri s.l.m. risulta caratterizzata da una netta prevalenza di azioni speleopoietiche; la zona epifreatica è invece caratterizzata da una speleogenesi in atto.
Più in profondità risulta non facile stabilire le caratteristiche idrogeologiche e idrauliche.' La scarsa solubilità delle rocce dolomitiche può aver determinato – dalla quota 90 – un acquifero s.s. a causa della limitata trasmissibilità del mezzo come conseguenza della «funzione di Kaye» (A. Kaye 1957); perciò un bilancio positivo del deflusso alla superficie di falda data la bassa capacità d'immagazzinamento della roccia. Come, sempre a causa della limitata permeabilità in grande della massa rocciosa, può anche essersi stabilito un livello piezometrico s.l. prossimo allo 0 marino (F. Forti, R. Semeraro & F. Ulcigrai 1979/a) con un sistema di «falde sospese» nell'intervallo roccioso fino a 90 metri s.l.m. Ciò anche in considerazione del fatto – ormai acquisito (E. A. Glennie 1954) – che i corsi d'acqua sotterranei possono scorrere «sospesi» quando l'alveo in roccia non ha capacità di assorbimento. La capacità di assorbimento idrico presuppone infatti l'esistenza di diaclasi aperte in alveo all'origine di una rete sottostante di piani beanti formanti un sistema di cavità ad estensione praticamente infinita. Questa condizione, in rocce con ridotta permeabilità in grande, può verificarsi anche solo raramente.
In tutti i casi, comunque, l'esistenza di una zona con caratteristiche di falda in rete è comprovata dalla presenza di un reticolo di corsi d'acqua più o meno attivi .alla quota di circa 90 metri s.l.m., e dalle frequenti escursioni del livello di falda in piena alla quota accertata di 141 metri s.l.m. Fatto quest'ultimo che presuppone una difficoltà di svaso del reticolo drenante in corrispondenza di portate con valori superiori a quelli di regime.

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Gli Autori ringraziano tutti i soci del Sodalizio che, in varia guisa, hanno contribuito alla realizzazione del presente lavoro ed in particolare;

CLEMENTE EDOARDO
DANIELETTO DIEGO
DE GRASSI GIANFRANCO
MERSAN ENNIO
RUPINI LUCIANO
SEMERARO RINO
SFREGOLA GIUSEPPE
SGANGA FRANCO
SOLLAZZI GUIDO
VASCOTTO EDOARDO
VIVIAN BRUNO

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