Segreti Grotta Impossibile – 15.02.2005

Conversazione di Sergio Dolce “Dalla grotta impossibile agli acquedotti di Trieste”

Domani per gli Amici del dialetto una conversazione di Sergio Dolce

Nei segreti della Grotta Impossibile

“Dalla grotta impossibile agli acquedotti di Trieste” è il tema della conversazione che Sergio Dolce terrà nella sala Baroncini delle Generali (via Trento 8) domani alle 18 sotto gli auspici del circolo Amici del dialetto.
Nell'ambito del discorso introduttivo sul carsismo quale causa naturale della mancanza d'acqua a Trieste, si accennerà alla scoperta recente di questa grotta che presenta tracce di scorrimento fluviale di molte migliaia di anni fa. Nel primo secolo dopo Cristo la città disponeva dell'acquedotto romano di Val Rosandra (lungo 12 chilometri) che sfruttava, oltre alla Fonte Oppia, la sorgente dell'Antro di Bagnoli e altre minori nella zona di S. Dorligo della Valle. Il percorso tortuoso seguiva i fianchi delle colline marnoso-arenacee con una pendenza del due per mille fino a raggiungere la città cui forniva circa cinquemila metri cubi al giorno d'acqua.


Il direttore del Museo di storia naturale Sergio Dolce

Ma nel sesto secolo l'acquedotto fu distrutto dai Longobardi e da allora l'unica risorsa fu l'acqua piovana. Il problema di dotare Trieste di un nuovo acquedotto fu risolto nel secolo XVIII da Maria Teresa d'Austria: sulle tracce di un'antica conduttura romana venne costruito nel 1751 l'acquedotto teresiano che prelevava l'acqua dalla ricche sorgenti della zona di Guardiella. Ma nel giro di trent'anni la popolazione della città raddoppiava toccando nel 1800 le ventimila unità e imponendo la costruzione di altre gallerie di captazione. In epoche successive Trieste è stata dotata dell'Acquedotto di Aurisina (1857) e di quello del Randaccio (1930) che preleva l'acqua dalle risorgive del Timavo presso Duino, con aggiunte recenti dall'Isontino.

Liliana Bamboschek


Da “Il Piccolo” – 15 febbraio 2005

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