Grotta della Falce

La scoperta di una nuova cavità

La Grotta della Falce


La storia, le vicissitudini, le emozioni della scoperta ed esplorazione di una nuova cavità sul Carso triestino, raccontate dai diretti protagonisti.




Il resoconto di un'uscita nelle parole di chi l'ha vissuta


Domenica 6 marzo 2005: finalmente è arrivato il giorno della verità. Dopo circa un anno e mezzo dal giorno della scoperta, siamo giunti all'imbocco di un pozzo di modeste dimensioni che approssimativamente misura circa 4 metri. Il team è composto da: il sottoscritto (Edo), Stefano P. e Marina N.; armati di tutto il materiale necessario ci apprestiamo ad allargare l'imbocco ancora troppo stretto per poter scendere. L'inizio dei lavori è sconfortante, una serie di disguidi tecnici ci porta quasi a desistere dall'impresa ma, alla fine, riusciamo a rompere l'ultimo diaframma di roccia che ci separa dalla nuova esplorazione. Mi infilo nel pozzo, cerco di montare il discensore ma poi preso dalla gioia della scoperta mi calo tenendomi solo con le mani ed appoggiando i piedi lungo le pareti. Alcune pietre scivolate alcuni istanti prima ci fanno capire che le dimensioni dell'ambiente, rispetto le aspettative, sono notevoli. Infatti giunto su un ripiano alla base di questo primo salto, si spalanca un pozzo impostato su un ampia frattura, dalle pareti ricoperte da colate di calcite e dal soffitto ricco di stalattiti.
Le parole non possono esprimere la sensazione provata, la gioia immensa per una nuova scoperta, l'ignoto rappresentato dal nero che sprofonda sotto di noi. Scesi anche Stefano e Marina ci apprestiamo ad armare la discesa; troviamo un piccolo ponte naturale di solida roccia che rappresenta una buona partenza; srotoliamo la corda giù per il pozzo e una volta preparata l'attrezzatura comincio a scendere. Dopo alcuni metri decido di mettere un fix per evitare che la corda tocchi la parete e per cercare di raggiungere un verticale che ci porti dritti sul fondo. Finito l'armo, con il cuore che pulsa all'impazzata, scendo guardandomi attorno: le pareti sono pressoché verticali e ricoperte da un strato di calcite che le rende morbide allo sguardo; scendo ancora e finalmente giungo sul fondo ricoperto da grossi massi che lasciano intravedere delle possibili prosecuzioni. Scendono anche Stefano e Marina, ci guardiamo attorno alla ricerca di una possibile prosecuzione; spostiamo qualche pietra ma sicuramente il lavoro da fare è notevole così decidiamo di risalire. Io abbandono il fondo per ultimo perché voglio controllare meglio alcune finestre sulla parete opposta; risalgo lentamente, pendolo un paio di volte ma non trovo niente di interessante. Arrivo finalmente all'altezza della prima finestra vista durante la discesa e, con un po' di sforzo, la raggiungo. Rimango meravigliato nel vedere che c'è un passaggio: mi infilo dentro a fatica ma purtroppo davanti a me c'è una colata che ostruisce quasi totalmente un passaggio: raccolgo un sasso, lo getto oltre e con mia grande felicità lo sento cadere un paio di metri più in basso in un ambiente di dimensioni certamente più grandi. Chiamo Stefano a vedere. Anche lui con fatica entra e cerca di passare la strettoia ma è difficile perché subito oltre c'è un'altra colata che non permette di infilare le gambe in orizzontale. Decidiamo di togliere un grosso masso che ostruisce una parte del passaggio e dopo un paio di tentativi a vuoto riusciamo a levarlo, ma la strettoia rimane sempre lì. Prima di andare via voglio provare ancora una volta. Mi infilo con le gambe e le sollevo in verticale per superare l'ostacolo e lentamente cerco di spingermi all'interno: non è un impresa facile. Passano i minuti ma alla fine riesco a guadagnare qualche centimetro. Esausto mi trovo dall'altra parte e per la seconda volta nello stesso giorno un nuovo ambiente si spalanca davanti ai miei occhi. La grande frattura dov'è impostato il primo pozzo continua e dopo un breve ripiano lungo qualche metro, c'è un altro vuoto: assaporo ancora per qualche istante ciò che vedo e ritorno dai miei compagni. Saliamo in superficie stanchi ma felici per le scoperte della giornata .
Per finire vorrei ringraziare Stefano, Tiziana, Marina, Walter e Alex (spero di non aver dimenticato nessuno) per avermi aiutato durante gli scavi e per aver creduto nelle possibilità di una prosecuzione. Per una volta lo sforzo fatto è stato, ampiamente e non ancora definitivamente, ricompensato dal risultato ottenuto.


Alla prossima
Edoardo



Uno schizzo di massima relativo alle prime esplorazioni.




Dove finisce l'acqua piovana? Tutta nelle grotte!!


Lunedì 28 marzo 2005: dopo il pranzo di Pasqua, siano di nuovo pronti ad affrontare nuove esplorazioni alla Grotta della Falce. Il team questa volta è costituito dal sottoscritto (Edo), Marina e Ilario. Sceso senza problemi il primo pozzo, oltrepassiamo la strettoia che immette sul secondo e qui Ilario si produce in una risalita di alcuni metri lungo le pareti sufficientemente “appigliate” ma purtroppo il responso finale è negativo: nessuna prosecuzione!
Continuiamo l'esplorazione e prima di scendere verso il fondo il nostro vicepresidente, oramai esperto, esegue un'altra risalita senza esiti; decidiamo quindi di calarci verso il passaggio che l'ultima volta non ero riuscito a forzare e con nostro grande disappunto ci accorgiamo che le pareti sono ricoperte da un velo d'acqua che in breve tempo ci inzuppa dalla testa ai piedi.
Dopo un duro lavoro per cercare di rendere agibile la strettoia, riesco a scendere e raggiungere il fondo, cominciamo a levare le pietre che sembrano ostruire un altro passaggio e finalmente riesco a intravedere che il pozzo scende ancora qualche metro ma che purtroppo sarà necessario un duro lavoro per allargarne l'imbocco.
Chiedo a Ilario di scendere al mio posto per aiutarmi ma come sempre succede in questi frangenti il trapano ci abbandona: non rimane altro da fare che uscire.
Anche per questa volta ce ne andiamo con l'incognita su cosa ci riserverà il futuro anche se sono comunque soddisfatto e felice di tornare al sole dopo tanta umidità.

Edoardo



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