Monti Musi – Parte terza

Le  grotte  del  Monte  Musi

In oltre un decennio di costante attività su questa montagna sono state scoperte ed esplorate dal Gruppo Speleologico San Giusto oltre 230 grotte.
L'attività esplorativa è stata concepita fin dall'inizio secondo una moderna visione “globale” in cui oltre alle operazioni della cosiddetta speleologia di base, quali l'accurato posizionamento degli ingressi (anche con strumentazione G.P.S.) ed idonei rilievi topografici, ha privilegiato gli studi geomorfologici, idrogeologici, mineralogici e biospeleologici nelle cavità più emblematiche.
Un nutrito numero di dati è potuto così affluire agli specialisti coinvolti nelle ricerche, consentendo di ottenere un quadro completo di quest'importante carsismo alpino

Anche le ricerche biospeleologiche hanno dato buoni frutti, dimostrando nelle grotte e nelle acque sotterranee carsiche del Musi la presenza di almeno 56 taxa, valore che sicuramente sottostima il numero reale di specie presenti. E ciò che più conta, in un ambiente fino ad oggi incontaminato e protetto per il futuro, ricadendo l'intera area carsica all'interno del Parco naturale delle Prealpi Giulie.

Nella stragrande maggioranza dei casi, le grotte sono di minori proporzioni, ma non per questo meno importanti e costituiscono un vero “laboratorio” per il geomorfologo. Il loro studio comparato ha permesso di definirne il meccanismo di formazione.

Splendidi, e poco consueti in altre zone, sono per esempio i laminatoi “obliqui”, da cui si sviluppano i pozzi con le profonde e lunghe docce parallele che ne solcano le pareti inclinate, sul lato dove l'acqua scorre.

Le grotte del Musi, sono caratterizzate da un assetto strutturale abbastanza particolare, dato dalla stratificazione sempre molto inclinata (attorno ai 45°) e dalle grandi fratture subparallele e subnormali.
La vasta monoclinale del versante Nord incarsito è formata da calcari che vanno dal Triassico al Giurassico. I pozzi, anche molto profondi, e le forre, sono le cavità che risultano dominanti, ovviamente molto inclinate a causa, come abbiamo visto,  della giacitura dei piani di discontinuità.

Le caverne di crollo con giganteschi diedri di roccia che incutono timore sembrano in precaria stabilità. Tutte morfologie sotterranee che qui, sul Musi, si ritrovano “concentrate” in poco spazio e che si differenziano da quelle dalla maggior parte delle grotte nelle altre aree carsiche regionali.

La grotta di maggiori dimensioni è l'Abisso “Roberto Pahor”, che si apre a quota 1.425 m, profondo 495 m con uno sviluppo di 1.091,5 m, formato da vari rami: pozzi e forre assolutamente prevalenti; taluni rami sono inclinati sempre a causa delle condizioni geostrutturali, alcuni sono “fossili” altri idrologicamente attivi; l'ingresso è situato sul ripiano a quota 1.420-1.450 m, spalla dell'antico ghiacciaio. Al fondo dell' abisso è stata immessa la fluoresceina per gli esperimenti di tracciatura delle acque.


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