CRIMEA 1989 – Conoscenze acquisite e risultati

Spedizione del GSSG nella penisola di Crimea (ex URSS) del 1989. Gli obiettivi, le esplorazioni, i risultati.

LA SPEDIZIONE SPELEOLOGICA IN CRIMEA NEL 1989
Conoscenze acquisite e risultati

di Furio PREMIANI

 

 

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Il progetto di organizzare una prima spedizione speleologica italiana nell’allora Unione Sovietica nacque nell’ambito delle manifestazioni per il 35° anniversario della fondazione del Gruppo Speleologico San Giusto di Trieste.
Scopo dell’impresa era la visita dei territori carsici della Crimea, l’acquisizione di una serie di conoscenze attraverso discese nelle principali cavità, oltre alla raccolta di osservazioni sul carsismo, sull’ambiente fisico e vegetazionale, sul folklore. Ci stava a cuore anche un confronto diretto tra i rispettivi sistemi di progressione in grotta e, non per ultimo, le premesse per dar vita a future attività speleologiche.
Dato che la zona da noi prescelta era sottoposta a servitù militari e quindi interdetta agli stranieri, ci furono grosse difficoltà burocratiche da superare per il nostro ingresso in URSS, difficoltà peraltro risolte grazie alla preziosa collaborazione del Gruppo Speleologico “ORCUS” di Bohumin (Cecoslovacchia) e dei colleghi russi del Simferopol Speleological Club.
Ottenuta, dal Ministero sovietico della cultura e dal “Konsomol”, l’autorizzazione all’ingresso la spedizione composta da B.Vivian, capospedizione, G. Sfregola, F. Premiani, W. Claus, A. Annesi,  L. Perini e L. Besenghi, prese le mosse con il seguente itinerario: Trieste – Slovenia – Austria – Cecoslovacchia – Urss.
Dobbiamo dire che il programma che ci eravamo prefissato è stato in gran parte rispettato, sottolineando che l’attività della spedizione è stata incentrata sopratutto sugli altipiani del  Čatyr-Dag e del Dolgorukovskoje.
In queste  aree sono state visitate diverse  cavità, ottenendo numerosi dati ed osservazioni, che formano oggetto della presente relazione.

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
La penisola di Crimea, com’è noto, è collegata al continente da un’istmo largo appena 8 km chiamato Perecop. A sud si elevano, con fronti sul Mar Nero, i rilievi della Crimea per un’estensione di 150 km, che si insinuano ad Est fino allo stretto di Kerc.
Il clima è di tipo mediterraneo, ma con caratteristiche continentali sulla catena montuosa.

GENERALITA’ SUL CARSO DELLA CRIMEA
Il sistema montuoso della Crimea si sviluppa nella parte meridionale della penisola ed è fondamentalmente rappresentato da una catena di rocce carbonatiche del Giurassico che si eleva dai bassopiani terziari, chiamata Monti di Crimea. Essa è il prolungamento dell’asse dei Balcani bulgari e si presenta come un grande blocco dislocato, dissimetrico, la cui dorsale presenta la massima  elevazione a 1545 m di quota. Da segnalare la presenza di vaste intrusioni granitiche, che accentuano l’energia morfologica del territorio montano.
Detto sistema montuoso forma una serie di jajly: termine che indica gli altopiani carsici locali, separati tra loro da profonde incisioni vallive. Il territorio comprende 17 aree carsiche: gli jajly più interessanti sono quelli di Demerdzi, Karabi, Aj-Petri, Čatyr-Dag e Dolgorukovskoje, con un’estensione complessiva di 300 km.
Gli jajly occidentali risultano meno suddivisi di quelli orientali, mentre a meridione essi digradano rapidamente verso il Mar Nero formando imponenti falesie. Tali aspetti derivano da un susseguirsi di fenomeni tettonici recenti e geomorfologici, protrattesi dal Pliocene.  Data la morfologia degli jajly, prevalentemente pianeggiante e tubolare, ed il notevole grado di incarsimento, le acque meteoriche e di fusione nivale attualmente vengono smaltite assai rapidamente nel sottosuolo.

 

Nelle zone di maggior quota, spoglie di vegetazione, le superfici sono caratterizzate da un susseguirsi di avvallamenti carsici.
La zona di maggior interesse carsico è lo jajly di Karabi, con le vette del Karadag e del Tay-Kob, che superano i 1500 m di altitudine, dove nei calcari denudati si aprono numerosi  inghiottitoi. Tali caratteristiche sono pure comuni agli altopiani fino a Čatyr-Dag, con elevata presenza di superfici a karren, spesso con pozzi e cavità imbutiformi.  La profondità dei pozzi non oltrepassa gli 80 m ed il fondo risulta occupato da neve e ghiaccio, che persistono pure nel periodo estivo.
Il carsismo di questi altopiani è stato studiato fin dal 1938, ma, dall’inizio degli anni ’60, in modo più razionale e approfondito, per cui oggi si posseggono notevoli conoscenze in  proposito. In particolare, importanti sono state le ricerche eseguite da Sutov, che ha formulato interessanti  parallelismi con il carsismo dinarico della Dalmazia, e da Dubljanskij che ha classificato le cavità degli jajly.

ALCUNI ASPETTI DEGLI INSEDIAMENTI UMANI
Interessanti adattamenti delle cavità alle esigenze dell’uomo sono rinvenibili in Crimea. Particolare interesse desta la città medievale fortificata di Cufutkale, anticamente chiamata Kyrk-Or  (40 fortificazioni), scavata nelle pareti di granito alte 558m. e alla cui costruzione furono utilizzate anche molte cavità pseudo-carsiche, tra le quali è famosa quella  in cui aveva sede il tribunale Khan.

 

LO JAJLY DI ČATYR-DAG
Lo jajly di Catyr-Dag (attico del paradiso) si estende per circa 43 km2  a due diverse  quote. La zona superiore, attorno ai 1500 m s.l.m. con le cime di Angar-Burun e di  Eklizi-Burun, quella inferiore attorno ai 1000 m s.l.m. L’intera area è parco nazionale.
Si conoscono 136 grotte, con una densità media di 3,2 cavità/km2 . Trattasi per la maggior parte di pozzi di 20-25 m di profondità, ma esistono anche grandi sistemi ipogei suborizzontali  formati da corsi d’acqua. Questo carsismo è insediato nei calcari giurassici che poggiano su un complesso di arenarie e conglomerati.
Le grotte del Čatyr-Dag hanno restituito molti reperti archeologici. Da segnalare che nella grotta di Bim-Bas furono trovati, in epoca più recente, centinaia di resti di popolazioni tartare trucidate qui col fumo dei fuochi, accesi all’ingresso della grotta, da parte dei popoli invasori.
Nella parte centrale dell’altopiano inferiore si conoscono grotte di un certo interesse:  la grotta Partisan (svil. 320m), la grotta Bim-Bas (svil. 110m) già citata, la grotta Gugerdzin (svil. 60m), la grotta Suuk (svil. 210m), poi gli abissi Move by the Knight (prof. 210m) e Bottomless Chasm (svil. 2400m e prof. 125m) e la Mramornaja (svil. 1800m e prof. 105m), ambedue esplorate dal Simferopol Speleological Club.
La  grotta Emine-Bojir-Chasar-Nizmy, da noi visitata, venne scoperta nel 1970 e funge da inghiottitoio di un corso d’acqua superficiale. La morfologia della grotta è molto varia: nella prima parte si alternano piccoli pozzi e stretti meandri a grandi caverne; poi si entra in quella parte dove la vastità degli ambienti e la profusione del concrezionamento sono veramente  significativi.  In una delle sale (sala Nettuno)  si sono formate miriadi di colonne stalatto-stalagmitiche, tanto che per poter esplorare  la caverna si è dovuto abbatterne un certo numero. Le caverne sono disposte in tre livelli, mostrando il progressivo abbassamento delle acque sotterranee. Scendendo nei livelli inferiori si incontrano gallerie adornate da  gours,  da forme cristalline e cannelli in quantità difficilmente riscontrabili altrove. In considerazione della preziosità e unicità del fenomeno, l’accesso alla grotta viene chiuso con un getto di calcestruzzo armato, ed abbattuto di conseguenza, in occasione delle rare visite che vengono programmate.

 

La grotta Mramornaja, anch’essa esplorata dal Simferopol Speleological Club, nel 1987, inizia dopo uno stretto ingresso, con una grande galleria a condotta forzata lunga circa 600m, dapprima concrezionata da colonne di calcite bianca, poi per buona parte zeppa di blocchi di crollo. Dalle ricerche eseguite, tali crolli sono stati messi in relazione ad eventi sismici che hanno provocato l’abbattimento dei diaframmi di roccia tra i diversi livelli sovrapposti di gallerie. L’esplorazione di gallerie laterali ha invece permesso di osservare la formazione di tutta una serie di concrezioni calcitiche di ambienti parzialmente invasi dall’acqua. La prima parte della grotta, data la bellezza degli ambienti, e la relativa facilità di accesso, è stata attrezzata turisticamente, con scalinate, sentieri, balaustre e con un impianto elettrico. Va infine ricordato che la grotta è tuttora in corso di esplorazione.

LO JAJLY DI DOLGORUKOVSKOJE
Lo jajly di Dolgorukovskoje, nei calcari giurassici, si estende per circa 118  kmq. e presenta una struttura geologica piuttosto complessa, resa tale anche dalla presenza di orizzonti di arenarie e conglomerati calcarei. Nella parte meridionale si estende, per una lunghezza di 5 km. circa, una valle morta, ora smembrata da una serie di sprofondamenti e inghiottitoi carsici, tra cui i pozzi Averkiev a Marcenko, rispettivamente profondi 30 e 35 m. In questa zona due corsi d’acqua superficiali danno origine a due importanti complessi carsici: l’abisso Proval, profondo 104 m con uno sviluppo di 1150 m e la grotta Kizil-Koba che si sviluppa per 13.700 m; il collegamento tra questi due complessi ipogei è stato provato mediante esperimenti di marcatura delle acque con traccianti chimici.

 

La grotta Kizil-Koba (nome tartaro), conosciuta anche come Krasnaja Pescera (grotta Rossa) è, attualmente, una delle più estese grotte nel calcare. Si tratta di una cavità a sviluppo prevalentemente orizzontale, attraversata dal torrente Krasnopescernoja, caratterizzato da una portata media di 0,15 metri cubi al secondo e da una temperatura media di 6°C. Si estende su 6 differenti livelli, dovuti all’abbassamento progressivo delle acque sotterranee.
Una serie di scavi ha messo in luce numerosi reperti, di cui importanti sono quelli attribuiti all’Età del Ferro. Dopo aver attraversato la parte iniziale, asciutta, a diversi piani, è necessario percorrere in immersione, spingendosi lungo un cavo, un sifone, oltrepassato il quale si perviene in un profondo lago lungo un centinaio di metri. Qui inizia un sistema di gallerie caratterizzate da cascate, laghi, sifoni e meandri, fino a giungere a due rami, chiamati Razvilka e Kloaka. Il ramo Razvilka, attivo, è molto impegnativo per la presenza di sei sifoni; il ramo Kloaka, invece, inattivo e asciutto è caratterizzato da sale concrezionate e notevoli depositi di alluvioni e crolli.

ABISSO KASKADNAJA SULLO JAJLY DI AJ – PETRI
L’ esplorazione dell’ abisso Kaskadnaja, sullo jajly di Aj-Petri è stata programmata allo scopo di raccogliere dati sulla morfologia di una grande cavità verticale dei monti di Crimea. L’ altopiano in questione, da una quota attorno ai 1500 m scende con un ripidissimo versante a falesie fino al mare, nei pressi di Yalta.
L’ abisso, che si apre a 1224 m s.l.m. risulta formato da una serie di grandi pozzi verticali che raggiungono la profondità di 400 m; il più profondo dei pozzi misura 80 m. A questa profondità si sviluppa una vasta galleria suborizzontale, mentre l’abisso prosegue in verticale mediante una successione di pozzi  stretti e fangosi fino alla massima profondità raggiunta, di 620 m. Di  grande interesse morfologico il sostituirsi del concrezionamento, man mano che si scende in profondità, con forme erosive sempre più accentuate. Per poter esplorare l’abisso, si è dovuto armare completamente la via  di discesa.

NOTE SULLE TECNICHE DI PROGRESSIONE IN GROTTA DEGLI  SPELEOLOGI LOCALI
Uno  degli obiettivi della spedizione era il confronto con le tecniche di progressione in grotta usate dagli speleologi della Crimea. Tali confronti sono stati fatti nel corso dell’esplorazione  dell’abisso Kaskadnaja.
Il metodo di progressione adottato dagli speleologi del Simferopol  Speleological Club è quello di utilizzare due corde separate, sia in discesa che in salita, scelta dettata dalla scadente qualità e scarsa affidabilità delle corde di produzione nazionale. Per la discesa vengono impiegati discensori di varia foggia: ad “otto”, a “barrette”, quasi sempre costruiti artigianalmente; il materiale usato è titanio, ricavato per lavorazione meccanica da parti di mezzi militari fuori uso.
In discesa  con due corde, vengono usate due tecniche: la prima è quella di inserire nel discensore entrambe le corde, la seconda nell’inserire la prima corda nel discensore e la seconda in uno “Shunt”.
Gli armi sono sempre fatti in posizioni facili, e gli speleologi locali sembra non mostrino estremo interesse allo sfregamento delle due corde sulla roccia. Per fissare gli armi vengono praticati fori di diametro 14 mm, profondi 50 mm, con punte tipo barramine. Nei fori vengono successivamente alloggiati dei tasselli in alluminio, ad espansione; un perno in titanio, di diametro 8 mm a forma di fungo, serve a trattenere detta piastrina e a far espandere, mediante percussione, il tassello. Le piastrine per gli armi sono anch’esse costruite artigianalmente in lamiera di ferro o titanio con spessori di 2-3 mm. Tasselli e piastrine, una volta piantati, non possono essere rimossi; vengono piantati sempre doppi per maggior sicurezza. Inoltre,viene fatto largo uso di chiodi da roccia, di svariato tipo.
Anche in risalita, come già detto, si impiegano due corde, una per la progressione e l’altra per la sicurezza; sulla prima vengono posizionati tre bloccanti. La distribuzione dei bloccanti ricorda il sistema americano, nel senso che due bloccanti eccentrici tipo Gibb, sono fissati ai piedi, mentre quello ventrale si trova all’altezza della spalla. Gli imbraghi sono di tipo aereonautico, con adattamenti. I moschettoni sono di forma standard, forgiati con barre di titanio, con e senza ghiera.
I sistemi di illuminazione sono per lo più elettrici, da miniera, con accumulatori del peso di 3,5 Kg. ed un’autonomia di 14-15 h, ma si notano anche impianti a carburo autocostruiti.
Si tratta, in sintesi, di attrezzature e tecniche, ancora ingombranti, poco affidabili e necessarie di ammodernamento. Riteniamo perciò che l’esibizione dei nostri materiali di esplorazione, comunemente impiegati nel corso dei contatti avvenuti, sia stata di sicuro giovamento per gli speleologi della Crimea, offrendo loro quelle possibilità di conoscenza  tecnica diretta altrimenti non facilmente acquisibile.

 

Furio PREMIANI

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