Grotta dei Ciclami

Questa cavità, d’estremo interesse per lo studio della preistoria carsica, si apre a fianco del sentiero che da Villa Opicina porta al Monte Orsario e si sviluppa in parte sotto il sentiero stesso.

GROTTA DEI CICLAMI   501RE / 2433 VG

Questa cavità, d’estremo interesse per lo studio della preistoria carsica, si apre a fianco del sentiero che da Villa Opicina porta al Monte Orsario e si sviluppa in parte sotto il sentiero stesso. Un primo assaggio di scavo fu effettuato probabilmente dal Neumann, ma non vi sono notizie certe.
Successivamente la grotta fu esaminata sommariamente dal Battaglia, durante la campagna di ricerche del 1925. Nel 1959 la caverna fu presa in esame dalla Sezione Scavi e Studi di Preistoria Carsica della Commissione Grotte ed i lavori ebbero inizio con una trincea praticata a ridosso della parete Sud; con il procedere in profondità lo scavo divenne progressivamente più vasto e raggiunse, a cinque metri dal livello originario, uno strato sterile d’argille rosse, dopo aver reso accessibile una diramazione ricca di concrezioni che si estende verso Ovest. La stratigrafia messa in luce va dall’epoca romana al mesolitico ed ha dato un’enorme quantità e varietà di reperti, tra vasi (otre 300), utensili, armi, oggetti microlitici, dai quali è possibile ricavare un quadro completo degli insediamenti umani nella cavità in oltre seimila anni.
A pochi metri dall’ingresso si apre la 4200 VG, mentre il punto più basso della nuova diramazione si trova ad una ventina di metri dall’estremità della Grotta 2699VG, con la quale la Grotta dei Ciclami era unita un tempo in un unico sistema di considerevole sviluppo.

Testo tratto da: “Catasto Regionale delle Grotte” del Friuli Venezia Giulia).
  

La cavità che si apre ai margini di un sentiero è formata da una galleria orizzontale lunga una ventina di metri. Non si conoscono i risultati dello scavo del Neumann e quello del Battaglia che misero in luce, in un punto imprecisato della cavità, un deposito atipico con scarso materiale paletnologico. Gli scavi della Commissione Grotte interessarono il deposito situato all’imboccatura della grotta, il quale fu scavato fino alla profondità di 5 metri. Il deposito archeologico è formato da livelli contenenti resti che vanno dall’epoca Romana al Mesolitico. I materiali rinvenuti non sono stati ancora sufficientemente pubblicati.

(Testo tratto da: “Atti della Società per la Preistoria e Protostoria” della Regione Friuli Venezia Giulia vol. III, di Dante Cannarella, Arti Grafiche Pacini Mariotti   – Pisa 1979, pagg. 93-94).
  
CTR 1:5000 – 110062 MONRUPINO – S.P. Fernetti – Monrupino

GROTTA DEI CICLAMI  – Caverna dei Ciclami, Grotta a Sud del Monte Orsario, Orehova pejca (nome locale).

Si tratta indubbiamente di una delle grotte archeologiche più interessanti del Carso triestino, per la quantità e la qualità dei manufatti rinvenuti.
Di facile accesso, situata pochi metri prima dell’incrocio del sentiero 43 con la strada asfaltata Fernetti-Monrupino, si sviluppa parzialmente sotto il sentiero stesso, dove si apre il piccolo ingresso superiore, semiostruito da alcune pietre.
Anche se i primi scavi condotti dal Neumann nel 1900 e dal Battaglia nel 1925 sono documentati in modo impreciso e frammentario, le ricerche successive intraprese dalla SAG dal 1959 al 1965 hanno portato alla luce reperti appartenenti ad un periodo di oltre 7000 anni compreso tra il Mesolitico e l’epoca Romana.
Dal ricco deposito antropozoico sono stati estratti alcuni utensili, armi, monili e numerosi vasi (oltre trecento), tra cui due bellissime coppe tripodi, decorate internamente ed esternamente con graffiti tipici della cultura di Lubiana.

(Testo tratto da: “Spelaeus” – Monografia delle Grotte e dei ripari sottoroccia del Carso triestino nelle quali sono stati rinvenuti resti d’interesse archeologico, di Franco Gherlizza ed Enrico Halupca, edito dal Club Alpinistico Triestino – Trieste 1988, pagg. 142/145).

GROTTA DEI CICLAMI: Neolitico – Eneolitico

La Grotta dei Ciclami è situata in prossimità dell’abitato di Fernetti (Comune di Trieste).
Gli ultimi lavori hanno messo in luce una sequenza culturale pressoché ininterrotta dal Mesolitico all’età dei Castellieri.
Nei livelli più antichi con ceramica si pongono in evidenza vasi a coppa con decorazioni incise in prossimità dell’orlo (motivi alberiformi e a triangoli). Un piccolo vaso a decorazione graffita, costituita da sequenze orizzontali di triangoli con il vertice volto verso il basso, si richiama ad una sintassi ornamentale comune lungo la costa dalmata nel periodo della Cultura di Danilo. C’è invece un vaso ansato e a corpo profondo, con lunghe costolature verticali a partire dall’orlo, che è molto affine a tipi comuni nell’area padana nel periodo della Cultura di Fiorano. Due datazioni con il C 14, hanno riferito questi orizzonti del Neolitico intorno alla metà del V millennio (tenendo conto della calibratura, ossia delle correzioni apportate dalla dendrocronologia, queste datazioni si collocano verso la fine del VI millennio).
Seguono orizzonti che si distinguono per la presenza di ceramiche decorate nel noto “stile di Lubiana” (soprattutto evidente in due coppe larghe, decorate con incisioni all’interno e all’esterno ed elevate, rispettivamente, su piede cruciforme e multilobato). Un campione di carbone da uno di questi livelli è stato datato 2320 a.C., che in base alla calibratura corrisponde al 1880 a.C..
I tagli superiori hanno prodotto soprattutto fogge comuni nel periodo antico dell’età dei castellieri.
In tutti i livelli, da quelli neolitici in poi, sono presenti fra resti di fauna le principali specie d’animali domestici.
Analisi polliniche su campioni raccolti in differenti livelli archeologici della cavità, hanno attestato la presenza del faggio e del nocciolo in epoca mesolitica (periodo boreale), quindi quella del querceto misto (periodo atlantico), e poi ancora il ritorno del faggio e del nocciolo (periodo sub-atlantico).

(Testo tratto da: “Caput Adriae” – La preistoria. Quaderni didattici della Cassa di Risparmio di Trieste a cura dei Civici Musei di Storia ed Arte- Trieste 1984).

  

GROTTA DEI CICLAMI

Passiamo ora ad una grotta in cui si è verificato il caso contrario, cioè i primi scavi non hanno dato esiti positivi e la cavità è stata trascurata dai soliti anonimi, mentre invece ricerche fatte in questi ultimi anni dalla Sezione di ricerche preistoriche dell’Alpina delle Giulie hanno portato alla luce un deposito archeologico molto ricco. Si tratta della Grotta dei Ciclami. Anche questa cavità è facile a reperirsi. Si prende la strada che da Monrupino porta a Fernetti. Dopo circa un chilometro, sulla destra, con un brusco gomito, si apre un ampio sentiero, con uno slargo iniziale che permette il parcheggio dell’automobile. Si segue poi il sentiero in direzione Ovest per poche decine di metri. La cavità si apre sulla destra annunciata da un foro che si trova al centro del sentiero e che è uno dei camini della grotta.
Oggi la cavità si presenta con una caverna non molto ampia, completamente liberata di tutto il deposito che la ingombrava. Sulla sinistra si apre una galleria lunga una ventina di metri. Un cunicolo si trova anche sulla parete destra e conduce ad una cavernetta, dalla volta molto bassa, sul cui pavimento di calcite gli scavatori che aprirono il cunicolo trovarono alcune tazze intere della cultura di Vucedol.
Come ho ricordato, questa cavità fu scavata dal Battaglia, nel corso di una campagna di scavi in questa zona nel 1928; ma nella sua ricerca lo studioso, stranamente, non trovò nulla d’interessante che lo invogliasse a continuare, perciò preferì dedicare la sua attenzione alla Grotta delle Tre Querce, che si apre nelle vicinanze.
Appunto questo rifiuto, da parte di un così quotato studioso di preistoria, fece cadere nel dimenticatoio la Grotta dei Ciclami, che fu poi scavata, dal 1959 al 1964, dai ricercatori della Società Alpina delle Giulie. Il deposito archeologico ha restituito molto materiale preistorico, che va dall’età del ferro al mesolitico, anche se il deposito di quest’ultimo periodo si riduce ad un piccolo lembo. Appunto la qualità dei materiali trovati, confortati da una precisa sequenza stratigrafica, ha permesso di tracciare un quadro abbastanza preciso delle varie culture preistoriche succedutesi in una grotta. Tra l’altro, si sono trovati anche numerosi vasi d’importazione, appartenenti a culture tipicamente italiane, abbastanza significativi da avere un’idea degli scambi di allora.
Non è tuttavia modificato il quadro generale della preistoria carsica; anche in questa grotta le culture predominanti sono quelle balcaniche, mentre mancano stranamente tracce di quelle europee e danubiane, cioè i vasi a bocca quadrata e la ceramica decorata a Besenstrich.

(Testo tratto da: “Guida del Carso triestino” – Preistoria – Storia – Natura, di Dante Cannarella, Edizioni Italo Svevo – Trieste 1975 – pagg. 126/127).

IL NEOLITICO
Principali caratteristiche

GIACIMENTI:
Riparo sottoroccia di Monrupino e moltissime cavità: Grotta Azzurra, G. delle Gallerie, G. degli Zingari, G. dell’Orso, G. dei Ciclami, G. dell’Edera, G. della Tartaruga e numerose altre.

PERIODO:
Con l’inizio di una fase calda atlantica, circa da 7500 a 5000 anni fa.

L’AMBIENTE:
Il bosco di querce si ritira sulle alture o sul fondo delle doline in cerca di fresco e umido, mentre avanza la flora mediterranea con il leccio, l’alloro, l’olivo ed il terebinto.
Ampi spazi si trasformano in landa erbosa, coperta di arbusti tra i quali lo scotano ed il ginepro.

LA VITA:
Gli ultimi cacciatori raccoglitori mesolitici abbandonano le grotte che ora vengono frequentate saltuariamente o per brevi periodi dai primi agricoltori provenienti dalla penisola balcanica, dove si trovano i grandi villaggi. Il nuovo tipo di economia, basato sull’agricoltura e l’allevamento di buoi e maiali, non trova sul Carso un terreno adatto per svilupparsi, quindi le nuove genti si trasferiscono, forse nelle zone alluvionali sottostanti il Carso , come la piana di Zaule o passano nel vicino Friuli. Tra i resti di pasto predominano quelli della capra e della pecora, segno che sull’altipiano si è passati ad un tipo di economia basato sulla pastorizia, forse praticata dagli stessi mesolitici; probabilmente sono coltivate le doline più grandi e soleggiate. Con il periodo neolitico prende l’avvio lo scambio di beni e il commercio anche tra aree molto distanti.

LE INDUSTRIE:
Tra i manufatti, compare la ceramica, importante ai fini delle datazioni e come indicatore della provenienza degli agricoltori, grazie alle decorazioni fatte sul vasellame con incisioni, impressioni, pitture o graffiti. Anche la forma dei recipienti varia a seconda dei periodi e delle aree dove le correnti culturali agricole si sono formate, dopo aver lasciato il Medio Oriente per colonizzare l’Europa. Molto varia è l’industria della pietra scheggiata e levigata, con asce, picchi, zappe, coltelli, falcetti, vari tipi di grattatoi, raschiatoi e bulini; si lavora l’osso ed il corno di cervo.
I monili sono fatti con perline di pietra, pendagli di conchiglie, denti o zanne, collane con vertebre di pesci. Il commercio favorisce la conoscenza di nuove tecniche e nuovi prodotti, come l’ossidiana per costruire i coltelli.

SEPOLTURE:
Non si è scoperta nessuna sepoltura di questo periodo.

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