Origine del bosco Bazzoni

Ancor prima di nascere, il Bosco Bazzoni fece storia, o almeno una parte della Particella 846/3, che non apparteneva al Comune di Trieste, ma che era bensì usata come pascolo dai villici di Ricmanje (San Giuseppe). Considerato che essa si trovava in prossimità della frequentatissima strada per Fiume e che era priva di piante, molto esposto alla bora, non adatta a colture agrarie e improduttiva anche come pascolo, nel 1882, da parte della Commissione, ne fu stabilito l’imboschimento e perciò l’acquisto, avviando le relative pratiche. I proprietari esigevano una permuta che non poté essere esaudita e, non potendo pervenire a degli accordi, si dovette ricorrere all’espropriazione forzata e, appena nel 1886, il terreno fu consegnato alla Commissione.

Non sappiamo con assoluta certezza l’anno d’inizio della messa a dimora delle piante costituenti il bosco artificiale Bazzoni.

Dai documenti risulta che il 26 gennaio 1894, alle particelle n° cat. 846/3 3-25-26 Tav. 1476 di Basovizza, fu imposto il nome di Bosco Bazzoni in onoranza del defunto Podestà dott. Riccardo Bazzoni, sotto la cui amministrazione fu votata la Legge d’imboschimento. Sul cippo di calcare che indica il comprensorio del bosco, oltre alla data 1894, è inciso l’anno 1888, evidentemente quello della prima piantagione, perciò possiamo considerare questa la data di nascita del bosco.

Nel mezzo del comprensorio del Bosco Bazzoni, delimitato da un muretto a secco, si trova la Particella Sperimentale che risulta molto anteriore al resto del bosco, come documentano i cerchi annuali presenti nel fusto di alcuni alberi crollati nel novembre del 1983. La Particella era adibita a zona dove si sperimentavano piantagioni e tecniche di coltivazione di conifere esotiche come l’abete greco (Abies cephalonica), il cedro dell’Atlante (Cedrus atlantica), il tasso (Taxus baccata) onde selezionare quelle che meglio si sarebbero adattate al nostro clima. Dalla Particella, segnata con il n° cat. 1140 Tav. 2 di Basovizza, si hanno notizie per la prima volta nel 1892:

” Nella seduta commissionale del 28 dicembre 1892 fu deliberato l’acquisto di un piccolo fondo privato, rinchiuso per ogni lato dal terreno comperato in addietro dalla Commissione, costituente il bosco artificiale Bazzoni. Quest’acquisto al prezzo di fiorini 40 fu fatto per liberare il detto bosco dalla servitù di passaggio e da eventuali danneggiamenti. 

Ben presto furono necessari degli interventi e non solo per cause di mancato attecchimento: già nel 1893, a quanto si può supporre, per noncuranza dei passanti, scoppiò un incendio che, in conseguenza della siccità, si propagò rapidamente nonostante gli sforzi fatti dal personale di tutela forestale e dai “villici” per circoscriverlo, danneggiando fortemente molte parecchie colture anteriori, la cui esistenza era già assicurata. Le fiamme si estesero su otto ettari bruciando circa 2000 pini di 2-3 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre nella primavera del 1894 tutto fu favorevole alle piantagioni, il calore e la siccità estiva e il rigore dell’inverno arrecarono danni rilevanti e si dovettero reimpiantare 223.000 piante. Nell’anno 1895 ci furono altri due incendi: nel primo, che si estese su una superficie di circa 5.000 mq, perirono circa 50 pini dell’età di 3-4 anni; nel secondo, che assunse dimensioni maggiori (1 ettaro), si persero 5.000 pini dell’età di 4-5 anni.

Nel 1906 la Commissione dovette chiedere la proibizione dell’uso di lanciare palloncini aerostatici a petrolio e a spirito perché causarono al Bosco Bazzoni un grosso incendio. Senza il pronto accorrere del sorvegliante forestale, con i paesani e una compagnia di milizia territoriale, l’intero bosco sarebbe stato distrutto e sarebbero stati messi in pericolo anche il Bosco Pretis e il Bosco Koller. Appena dopo tre ore di intenso lavoro il fuoco poté essere circoscritto: morirono 24.000 pini neri di 7-15 anni con un danno di 2.000 corone.

E come se non bastassero incendi e fattori climatici, a danneggiare la giovane pineta si misero pure le invasioni di insetti: la Tentredine del pino nel 1903 e il Pissode del pino notato nel 1911.

La costruzione del bosco intanto continuava con l’allestimento di una rete stradale di circa 4 km tra il 1902 e il 1906. Nel 1907 fu sistemato presso la strada per Fiume il cippo di pietra bianca di Monrupino indicante il Bosco.

Il 31 maggio dello stesso anno il Bosco Bazzoni ebbe l’onore di esser visitato dalla Società Forestale della Carniola e per il Litorale, con a capo il principe Ugo Windischgraetz, e dalla Sezione Forestale dell’8° Congresso Internazionale d’Agricoltura che si stava svolgendo a Vienna.

Nel 1907 e nel 1908 si costruirono altre strade, larghe dai tre ai 3,5m lunghe rispettivamente 1 km (ad opera dei villici verso la donazione dei pini abbattuti) e 1,5 km (con la spesa di corone 716,80). Nel 1908 fu costruito un muro di cinta lungo 407 metri, con lo scopo di impedire l’ingresso agli animali selvatici.

Nel 1910, in seguito al diradamento, si cedettero gratuitamente all’Ospedale di S. Maria Maddalena 40 pini neri e si vendettero 8 abeti rossi e 5 pini strobi di 9 anni.

Ma, come scrisse il Sichich “…. gli incendi sono l’incubo del selvicultore del Carso: un mozzicone di sigaretta, un fiammifero acceso, gettato sull’orlo della strada, le scintille sfuggite alle locomotive bastano perché l’erba inaridita pigli fuoco, che il fuoco serpeggi per il bosco, attacchi i rami inferiori dei giovani pini e si propaghi alle chiome, In un attimo l’intera pineta divampa. E nel 1916 duemila soldati a stento poterono domare l’incendio nel quale morirono ben 26.000 pini di 24 anni “.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con la fine della Prima Guerra Mondiale il territorio triestino passò sotto l’Amministrazione italiana e il conte Petitti di Roreto, assunto il governo della Regione, richiamò in funzione la Commissione d’imboschimento, alla cui testa pose un Commissario che durò in carica fino al 1923, quando una legge dello Stato sistemò la questione dell’imboschimento sotto la giurisdizione di un Comitato Provinciale Forestale.

Perché durante il periodo bellico non fu possibile la distruzione della Processionaria nelle province vicine, la sua invasione nel territorio di Trieste fu tale che i primi quattro anni dopo la guerra furono riservati al suo annientamento.

 

Conseguenza della guerra, però, furono soprattutto le devastazioni delle colture più vicine alla città in seguito alla mancanza di legna da ardere: infatti negli anni 1922-’23-’24 i forestali presentarono varie denuncie per taglio illecito di legna, pascolo abusivo, raccolta di strame (strato di erbe secche e paglia). E fu proprio il Bosco Bazzoni ad essere preso particolarmente di mira, perché, per la sua vicinanza all’abitato e per esser per lungo tratto confine coi comuni vicini, rendeva più facili le trasgressioni.

Cosicché nel 1923 i lavori colturali primaverili ebbero per oggetto proprio la ricostruzione della pineta, dove furono anche seminati “alla volata” dei semi di Pseudotsuga douglasii (abete di Douglas). Nel 1924 furono impiantati 95.000 pini neri, 5.000 olmi, 4.000 sofore, 1.900 piante varie; in tutto 106.000 piante. Per il sottobosco furono seminati 74 kg di semi e collocate a dimora 10.000 piantine. L’esito della piantagione fu soddisfacente, favorito da precipitazioni atmosferiche. Nello stesso anno si ripristinò pure la strada.

Nel 1926 con Regio Decreto Legge fu istituito il Consorzio Provinciale di Rimboschimento amministrato dalla Sezione Agraria del Consiglio Provinciale Corporativo dell’Economia, mentre l’organo esecutivo era la Milizia Forestale, che operò con impegno, capacità e ottimi risultati in favore del Bosco, tentando di convertire la pineta in abetina (abete bianco e abete greco) specialmente nella parte bassa, presso il Bosco Venezian.

Ricordiamo che con l’arrivo della legislazione italiana fu istituita anche a Trieste la già antica ” Festa degli alberi ” sorta a Roma nel 1899, che vide i cittadini operare concretamente per la piantagione e integrazione nei siti nudi o denudati.

Nel 1943 continuò l’opera dei Forestali sotto l’amministrazione tedesca secondo i piani prestabiliti, fino al 1945, quando, allo sgretolarsi della situazione politica, cessarono i controlli e il Bosco Bazzoni fu in parte raso al suolo e trasformato in legna da ardere.

Dopo il 1945 cambiò nuovamente l’amministrazione del territorio e il Bosco passò al Territorio Libero di Trieste Polizia Civile – Forestale ed è documentata in questo periodo un’assunzione massiccia di personale per il ripristino del bosco danneggiato dalla guerra con piantagioni di pino nero e abete greco.

Dal 1954 al 1966 fu gestito dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali e dal 1966 dall’Azienda delle Foreste della Regione Friuli-Venezia Giulia.

La distruzione del Bosco Bazzoni incominciò in maniera irreversibile nel 1954, sotto l’Amministrazione Alleata del Territorio Libero di Trieste. L’8 febbraio di quell’anno l’Ispettorato concedette alla Fabbrica Italcementi 31 ettari di bosco oltre al permesso per l’apertura di una cava di circa 10 ettari.

Nel 1970, dato l’incremento dell’edilizia, venne concesso un ulteriore permesso per allargare il fronte della cava di altri 10 ettari, seguito da altre concessioni. Contemporaneamente sul ciglione a SE si aprì un altro varco nel Bosco, sempre per lo sfruttamento del calcare.

Più di 200.000 mq di bosco, particolarmente ricco di specie, sia per il substrato vario tipico della zona, sia per le numerose piantagioni eseguite, scomparvero per far posto ad una distesa lunare. Erano gli anni in cui il tema ” ecologia ” incominciava ad essere recepito, oltre che dalla gente comune anche dagli ambienti politici.

                            

 

Nelle società speleologiche alpinistiche e naturalistiche iniziarono a formarsi quei gruppi, sempre più numerosi, di persone desiderose di salvaguardare il poco e ormai degradato patrimonio naturalistico rimasto.

Nel 1978 Eliseo Osualdini, Sergio Peschier e Pino Sfregola, soci del Gruppo Speleologico San Giusto, proponevano, tramite il Gruppo, la salvaguardia di ciò che restava del Bosco Bazzoni, ottenendo nel 1979 l’autorizzazione dal Comune di Trieste e dall’Azienda delle Foreste di ripristinare e mantenere in efficienza la Particella Sperimentale posta all’interno del Bosco Bazzoni.

Tale interessamento ha contribuito a far conoscere alla cittadinanza l’importanza naturalistica della località, Nel 1984 l’Azienda delle Foreste ne decise la valorizzazione, provvedendo a evidenziare un sentiero delimitato da una staccionata in legno e l’eliminazione delle piante crollate. Ora si intende d’inserire nella zona un progetto di vasto respiro a carattere naturalistico, storico, didattico, ricreativo e turistico.

In questi anni molti sono stati i visitatori entusiasti della Particella, comprese varie scolaresche, gruppi di botanici nazionali e stranieri ed escursionisti per un totale di circa 4.000-5.000 visitatori all’anno.

La Particella Sperimentale del Bosco Bazzoni ha ancora tanto da dire alla gente comune e agli esperti, sia sotto l’aspetto scientifico che umano.

Nessun commento presente.

Nessun trackback