Pasqua alla Gabomba

Il resoconto di una tre giorni festiva passata in quel di Villanova a esplorare, rilevare e cercare nuove cavità: il tutto sotto la neve!

Pasqua 2008: neve, scavi e rilievi

Finalmente la possibilità di avere un lunedì libero: Pasqua è alle porte. Cosa si fa? Le previsioni del tempo sono pessime in tutta Italia, però si sa, al Tg spesso esagerano, quindi non ci preoccupiamo più di tanto e si organizza una bella “tre giorni” in quel di Villanova…a fare che? Naturalmente scavi alla base le P20 e rilievo del ramo nuovo in Gabomba, scavi esterni in due buchi trovati con Bizio e tanti altri simpatici e invitanti lavoretti. Si sentono un po’ di persone, gli unici disponibili a passare interamente le feste nel “pisciatoio” d’Italia sono i fedeli romanacci Paola e Stefano dello Speleo Club Roma e in giornata anche Alex, Marina e la figlia Irene.

Bene, siamo in numero sufficiente per fare qualcosa. Mentre Bomba al telefono ci scongiurava di non avventurarci con quelle previsioni, nella mente si faceva forza un’idea ancora più malsana: andare a dormire nella residenza estiva, la baracca in lamiera e i romani eventualmente in furgone.

Sabato 22 marzo

L’appuntamento con i romani in arrivo da Mantova, era fissato alla trattoria al Panorama a Villanova.

Incontro: baci, abbracci, scambi di formaggi, salami e altre squisitezze. Si doveva entrare solo per un caffè, e invece corrotti dal calduccio e dall’accoglienza della trattoria rimarremo accampati lì tre giorni: addio baracca in lamiera e furgone; benvenuta comodità!

Con  il naso schiacciato sul vetro della finestra e la tazza di caffè in mano, ci accorgiamo che fuori nevica e il paesaggio inizia ad assumere un timido candore: oggi niente scavi esterni, tutti dentro in Gabomba.

Programma: lavorare alla base del  P20 con tutta quell’acqua era impossibile, quindi solo rilievo e disarmo della parte alta del ramo nuovo.

Stefano, visibilmente emozionato, fremeva per entrare. Anni fa, aveva abbandonato l’esplorazione della grotta proprio quando la Gabomba stava per regalarci una delle più belle emozioni. Per primo si era infilato tra le pareti strette della Sala delle Mensole, dicendo che sentiva aria e qualcosa d’altro oltre quel passaggio…

La caparbietà di Bomba e le tecniche di Papo porteranno poi a tutto il resto che già conosciamo.

Arrivati al Trivio, ci dividiamo dai romani che vogliono giustamente vedersi la grotta mentre Max ed io proseguiamo per il Ramo Nuovo. Oggi non abbiamo fretta, percorrendo la via in tranquillità, senza il fastidio di uscire presto per tornare a casa, ci accorgiamo che questa parte è proprio diversa dal resto della grotta, non sembra la Gabomba. Saliamo nella parte alta per il Pozzo Doppio Senso, chiamato così perché da un frazionamento, posto giusto a metà, puoi scegliere se scendere verso il P20 o salire appunto verso la parte alta. Si arriva alla base di un pozzo-meandro, se si alza la testa si vede una specie di ponte naturale che sembra dividere la struttura a metà. Si risale il pozzo attorniati da bianche colate e zone fossili per arrivare, con un traverso aereo, in una finestra che immette sorprendentemente in un bel meandro fatto di ringiovanimenti attivi. Il pavimento di ghiaia zeppo d’acqua e il cospicuo ruscellamento lungo le pareti rende il tutto molto acquatico.

Dopo un paio d’ore, il tipico rumore di strusciamento della tuta contro le pareti seguito dal tonfo del sacco sul pavimento, ci fa capire che i nostri amici ci stanno raggiungendo. La voce allegra di Paola ci fa capire che non può credere che quella grottina, che aveva lasciato anni fa, sia diventata quello che è.

Ci ricongiungiamo. Finito il rilievo decidiamo di disarmare questa parte, che seppur intrigante, non porta ad alcuna continuazione, fatto già appurato con due risalite precedenti in due punti all’apparenza promettenti.

Si ritorna giù sulla via principale del Ramo Nuovo. Continuare verso la zona di scavo sottostante non sarebbe stata una mossa intelligente visto l’acqua che rumorosamente scendeva dal camino alle nostre spalle e, bagnandoci gli scarponi, si gettava giù per il pozzo. Si rimane quindi su questo livello rilevando fino al frazionamento del Trivio, punto noto.

Per oggi finiamo qua, si esce.

Non nevica più, il cielo si è tinto di un rosa pallido misto grigio, la terra tutta bianca.

Usciti tutti, ringrazio e saluto la grotta, come sempre. La neve appena caduta, lascia intravedere il viola dei crocchi nel prato. Giada, la cavalla, questa volta non ci viene incontro; oltre la stalla possiamo solo notare il respiro caldo che esce dalle sue narici.

 

Non fa freddo, è l’ideale per cambiarci, ridere, decidere cosa mangiare, guardare le foto nel display della digitale, saltellare in calze nella neve.

  Prima di cena, davanti ad un mix di birra e lemonsoda, decido di ricopiare in “bella” le misure prese in grotta, mentre gli altri un po’ scettici, preferiscono una passeggiata serale di relax. Provo a ricostruire la sezione delle parti di grotta rilevate e mi accorgo che il disegno inizia ad assumere un profilo di un impianto idraulico con tanto di rubinetto, tubi di collegamento e sifone, quello che di solito s’intasa! Guarda caso, agli inizi, ancora prima di trovare questo ramo, già Bomba e Edo passando davanti al punto che poi verrà aperto, avevano sentito rumore d’acqua che gorgogliava, come l’acqua in un lavandino dicevano, guarda caso il fango si trova proprio dove il profilo assomiglia al sifone. Uno sguardo alla birra, uno al foglio: forse è meglio uscire!!

Al rientro Max guarda il disegno e commenta: …ara, somiglia al sifon de un condotto!

No comment!

 

Domenica 23 marzo

Ore 8.00: si sente un urlo…nooo, ma nevica tantissimo! I romani avevano aperto le finestre.

Tutti molto allegri, dovevamo aspettare Alex, Marina e Irene. Allegri forse perché qualcuno pensava che, visto le condizioni pessime, si poteva stare al calduccio, al limite andare un salto alla sagra pasquale nel paese di Ciseriis. Pura illusione: con due teli grandi e qualche altro mezzo di fortuna avremmo potuto benissimo iniziare a scavare ai due nuovi ingressi, addirittura fare due squadre scavo su due fronti diversi. L’iniziativa è stata subito battezzata il “Campo Bulgaro” avanzato.

I nuovi promettenti ingressi si trovavano a circa 500 metri in linea d’aria dalla Gabomba, più in alto però, verso il Monte Bernadia.

Uno dei tanti sprofondamenti con massi affioranti ricoperti dal muschio, un classico della zona.

Questo però aveva due curiose aperture ai lati esattamente opposte: una più grande, occlusa in parte da massi di crollo si apre sul fondo della dolina e immette nella parte più alta di un meandro stretto che si intuisce proseguire; l’altra, più angusta, si apre sul fianco e porta alla base di un altro meandro concrezionato e agibile per 4-5 metri; poi anche questo sembra decisamente continuare, naturalmente stretto. Dopo aver cercato in catasto tutte le cavità presenti nel nostro raggio d’azione, effettivamente queste sembravano già essere state viste e addirittura rilevate, o comunque la loro descrizione assomigliava abbastanza.

Dal rilievo i due meandri opposti sembrano congiungersi formando un anello che i rilevatori non sono riusciti a chiudere. Però a noi qualcosa non batte perché tutti e due i percorsi sono impraticabili e non è possibile dire che si congiungono effettivamente. E poi, tutte e due buttano fuori aria con intensità diversa. Con Bizio,poi, si sono fatte delle prove con fumogeni accesi in fratture poste circa 20 metri più in alto, e il fumo è uscito una volta sola, e solamente da quella più grande, mentre l’altra continuava a soffiare ma senza traccia del fumogeno.

Con questi dati grezzi in mano, decidiamo di attaccare contemporaneamente i due meandri. Così partiamo dal parcheggio delle macchine con tutto il necessario, approfittando della tregua concessa dalle nuvole nere sopra le nostre teste.

Arrivati a quello che sarà il Campo Bulgaro della giornata, nemmeno il tempo per prendere fuori le attrezzature, mangiare due ovetti di cioccolato e un pezzo di colomba che ecco, tutti con le mani alzate, a tenere i teli in alto sotto alla neve gelata che batte sulla plastica… giustamente non potevamo prima allestire il campo e poi mangiare!?!


Molto soddisfatti dell’accampamento, iniziamo gli scavi in simultanea e possiamo appurare effettivamente che dal meandro più piccolo esce aria con un intensità molto interessante, meno dall’altro.

Purtroppo non siamo riusciti a fare molto in quanto i nostri mezzi quel giorno avevano deciso di non lavorare come si deve, forse a causa della roccia troppo fratturata, o dell’umidità: comunque un debole inizio è stato fatto.

Bisogna continuare, continuare, continuare…

Alex, Marina ed Irene tornano a casa, mentre noi imperterriti teniamo duro, nella speranza che la giornata di domani sia più fruttuosa. Chi vive sperando….

Lunedì 24 marzo

Ore 8.00: si sente un urlo…nooo ma è ancora peggio! Avevo aperto le finestre.

Questa volta non avevamo scampo, non c’era Campo Bulgaro che teneva. In un’ora saranno caduti abbondanti trenta centimetri di neve: e non voleva smettere! Anzi i simpatici fiocconi cadevano pesantemente su tutto e tutti, mai vista una nevicata così a Villanova, almeno da quello che mi ricordo. Il gestore della trattoria voleva addirittura accendere la stella cometa che tiene sempre in giardino!

In programma c’era la continuazione degli scavi e il rilievo di un’altra cavernetta, però le strade secondarie non erano percorribili e così, grandi saluti e promesse di tenere aggiornati tutti sullo stato avanzamento lavori.

Su le catene, ultime foto al paesaggio natalizio e via ognuno per la sua strada, finché sulle ultime curve a scendere una macchina con aspetto vagamente famigliare ci ferma. Tirati giù i finestrini incrostati, chi ci troviamo davanti? Ma il Bomba, naturalmente, che saliva impetuoso i tornanti.

Marino ma ti aspettavamo tutti questi giorni! …eh sapete le festicciole, la famiglia, poi era Pasqua…

…eh Marino, la sai lunga tu!…

 

Grazie cari Paola, Stefano, Alex, Marina, Irene, Max.

Alla prossima

 

Cla

 

Foto: Stefano De Santis, Paola Fanesi, Massimo Razzuoli

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